Sofferenza…

6 Palestinian prisoners escape from high-security Israeli prison - Axios


“Se la sofferenza non ti ha reso un essere umano migliore, vuol dire che l’hai sprecata”…
Questo bisognerebbe dirlo tutti i giorni agli israeliani, occupanti dei territori palestinesi, questo bisognerebbe gridarlo ogni giorno a coloro che infliggono sofferenze disumane ai prigionieri politici rinchiusi nelle carceri di massima sicurezza nel deserto: 4650, di cui 520 detenuti amministrativi (quelli che non sono passati attraverso un processo), 200 bambini, 40 donne, 544 condannati alla pena di morte, 499 condannati a più di 29 anni di reclusione. Per quanto riguarda i bambini, da un rapporto di Save the Children, la maggior parte di questi bambini e ragazzi vengono portati via dalle loro case di notte, bendati, con le mani dolorosamente legate dietro la schiena. Molti di questi minori non sanno nemmeno il perché di questo arresto e dove verranno portati, tantomeno le loro famiglie. Questi minori sono gli unici al mondo che vengono sistematicamente perseguiti attraverso un sistema giudiziario militare invece che civile. L’accusa più comune è il lancio di pietre, per il quale la pena massima è di 20 anni.
Il 6 settembre nelle prime ore del mattino sei prigionieri palestinesi sono riusciti a fuggire dal carcere di massima sicurezza di Gilboa, attraverso un tunnel sotterraneo. Da subito i servizi carcerari israeliani, con lo Shin Bet, hanno trasferito per rappresaglia, oltre 350 prigionieri politici nelle carceri situate nel deserto e, tra loro, i leader politici sono stati interrogati attraverso i sistemi israeliani, trascinati nel reparto di interrogatori di Kishon, dove vengono utilizzate torture fisiche, torture psicologiche, posizioni dolorose nonostante l’assoluto divieto di tortura imposto dalle leggi internazionali… ma si sa, ad Israele tutto è permesso. Le misure su vasta scala adottate dallo Shin Bet e dalle forze carcerarie israeliane per volere dell’autorità giudiziaria israeliana, riguardo al trasferimento ed all’interrogatorio dei prigionieri, costituiscono una chiara forma di punizione collettiva vietata dall’articolo 3 della Convenzione di Ginevra; inoltre, sempre per rendere invivibile la permanenza illegale in carcere, gli aguzzini israeliani hanno istituito un lockdown per tutti i centri di detenzione, vietando così anche un minimo contatto con i familiari e gli avvocati (avvocati il cui accesso è previsto solo in casi eccezionali, come è avvenuto, dopo giorni di torture ai palestinesi fuggiti e ripresi dopo 2 settimane di ricerche ), esemplificando così la repressione arbitraria, punitiva e di rappresaglia.
Ad oggi, i sei palestinesi fuggiti , come sappiamo, sono stati nuovamente ricondotti nei carceri di massima sicurezza e dalle foto rubate e dalle dichiarazioni dei loro avvocati, sono stati interrogati sotto tortura, in special modo Zakaria Al Zubeidi, portato poi in ospedale per fratture e in precarie condizioni di vita. Zubeidi è stato il principale artefice dell’intifada, leader a suo tempo della lotta contro l’occupazione, e promotore del Freedom Theatre di Jenin. La tortura ai prigionieri politici costituisce una condotta vietata dall’art. 1 della Convenzione in materia, secondo il quale il termine tortura designa qualsiasi atto con cui sono inflitte ad una persona sofferenze acute fisiche e psichiche al fine di ottenere confessioni o punirla per atti che ha commesso.
Il gesto dei sei palestinesi è stato comunque un segnale di riscossa e di libertà, di non aver ancora rinunciato alla vita, che è e sarà pagata a caro prezzo dai prigionieri politici tutti e dalla popolazione palestinese.
Israele imporrà come suo solito, punizioni collettive contrarie ad ogni legalità e non ne pagherà mai il prezzo, grazie alla complicità dei nostri governi e del governo USA che ha sempre protetto Israele qualunque azione facesse contro il popolo palestinese, rendendosi complice delle violazioni del diritto umanitario, dei diritti umani e degli assassinii. Il popolo palestinese sta conducendo, da solo, una lotta per la libertà e la dignità; i suoi nemici sono l’oppressione, la negazione dei diritti, la segregazione, l’apartheid, e soprattutto l’indifferenza e la volontà di non agire del mondo occidentale nei confronti di un Israele occupante.
Marwan Barghouti, il leader storico palestinese, da anni incarcerato nelle prigioni israeliane, diceva che di fronte al sistema coloniale razzista che diffonde violenza, segregazione e oppressione, noi tutti dal carcere e fuori di esso, dobbiamo diffondere una visione pluralista ed il riconoscimento dei diritti umani. La comunità internazionale ha l’obbligo POLITICO, MORALE E LEGALE di agire in difesa della giustizia e di sostenere e promuovere il diritto internazionale, questa responsabilità ricade sui governi, sui rappresentanti eletti, sui rappresentanti dei partiti che credono nel diritto e nella libertà, sui sindacati, sui movimenti della società civile, su ognuno di noi come cittadini.
Oltre a far sentire la nostra voce bisogna aderire al movimento internazionale del BDS, disinvestimento e sanzioni contro Israele che tanto ha prodotto contro l’apartheid in SudAfrica. Importante riproporre un appello per la liberazione dei prigionieri politici palestinesi, bambini e donne, e questo può essere un atto che il prossimo congresso nazionale del nostro partito può attuare, ricominciare a denunciare le violenze quotidiane contro la popolazione palestinese, facendo sentire la nostra voce in tutti i luoghi possibili. Libertà per la Palestina!

Mariella Valenti
responsabile immigrazione Federazione livornese Partito della Rifondazione comunista – Sinistra Europea