Consiglio regionale toscano su carceri e sovraffollamento

 

  • PRC Gruppo Toscana

 

carceri-Fotogramma_258Sgherri:”un dramma sociale inaccettabile che richiede una svolta che dia nuovamente condizioni umane e concretizzi la funzione riabilitativa della pena”.

Firenze, 14 maggio.
La condizione carceraria, il sovraffollamento degli istituti penitenziari (in constante aumento, con cinquemila detenuti in più rispetto al periodo post indulto) rappresentano un vero e proprio dramma sociale che richiede interventi urgenti e strutturali, capaci di rimuovere la cause che conducono sempre di più ad allontanare la carcerazione dalla sua funzione riabilitativa e di reinserimento sociale, per trasformarsi in condizioni disumane che negano la speranza dentro e fuori dal carcere; così come la condanna all’Italia al risarcimento di sette detenuti, a causa della loro condizione carceraria, comminata dall’Europa ha fatto emergere una volta di più.Per questo l’appuntamento di oggi è importante, in una Regione dove – come dimostra la relazione del Garante – l’attenzione sul tema certo non manca, seppur di fronte a dati anche qui pesanti.

Così Monica Sgherri – Capogruppo di “Federazione della sinistra – Verdi in Consiglio Regionale nel dibattito sul sovraffollamento carcerario, oggi in aula.
Una condizione tragicamente confermata – prosegue Sgherri – dai tanti suicidi in carcere, alcuni tanto più inquietanti in quanto avvenuti da parte di chi era vicino alla scarcerazione! Una condizione che è l’assenza di una speranza , mentre tragiche vicende come quella di Stefano Cucchi ci parlano del drammatico tema della sicurezza della vita in carcere.
Vi sono poi scelte e situazioni che aggravano ulteriormente il già grave quadro causato dal sovraffollamento: constante diminuzione e blocco del turn over del personale penitenziario (e quindi tema della sicurezza a rischio), peggioramento dell’assistenza sanitaria (un vero e proprio dramma, specialmente per detenuti “deboli”), meno risorse (con casi di sotto nutrizione e fame), mancanza di lavoro in carcere, che porta a condizioni ancora più disumane per chi non ha alle spalle famiglie che possono integrare il reddito del detenuto (integrazione che con il lavoro si poteva almeno in parte realizzare, oltre poter permettere di imparare un mestiere e quindi favorire il reinserimento post carcere); insomma chi è povero, in carcere lo è ancora di più.
I dati di composizione della popolazione carceraria ci dicono che più della metà dei detenuti sono tossicodipendenti e extra comunitari, per questo è certo doveroso affrontare il nodo risorse ma anche rimuovere le cause di questa condizione, della carcerazione impropria – e magari “persecutoria” nei confronti di una condizione sociale – e quindi del sovraffollamento, cioè leggi come la Bossi Fini, la Fini Giovanardi e la ex Cirielli. Cambiare paradigma quindi degli ultimi anni è doveroso, e rafforzare le misure alternative al carcere.
Cambiare paradigma significa anche sostenere – come noi stiamo facendo – le tre proposte di legge di iniziativa popolare per l’introduzione del reato di tortura nel codice penale, la legalità e il rispetto della Costituzione nelle carceri, le modifiche alla legge sulle droghe, con la depenalizzazione del consumo e la riduzione dell’impatto penale.
L’impegno quindi deve essere e sarà costante, con l’obbiettivo di contribuire ad una condizione carceraria non disumana, che la condizione sociale o personale non sia il discrimine per essere o meno carcerarti, per una finzione effettivamente riabilitativa della pena e non una cancellazione definitiva di speranza dentro e fuori l’istituto penitenziario.