Il peso di Grillo sull’informazione

 

 

 

Più che cambiare il Paese, Grillo sta imponendo un cambiamento nel modo di fare informazione in Italia. A lui non interessa parlare ai giornalisti, ma alla gente. Utilizza il blog e Twitter per farlo, anche se usa ancora questi strumenti con una logica da vecchia repubblica della TV, come ha sottolineato Guido Romeo in un articolo dedicato a come Grillo usa la tecnologia.
Per parlare alla gente i politici sono stati abituati a chiamare Ansa, Tg e ad andare da Vespa. Vedi la rimonta di Berlusconi a colpi di comparsate TV. Per raccontare le gesta del “mostro” oggi i giornalisti sono costretti a seguire il suo account su Twitter o leggere il suo blog. Sky qualche giorno fa ha trasmesso la conferenza di presentazione dei grillini mandando in onda la diretta streaming dell’evento. Qualcosa di vagamente simile a un servizio pubblico. Qualcosa di un po’ strano in un mondo in cui si parla di violazione del copyright se ti copio un mp3 su una pennetta Usb. Intanto i giornalisti assistono impotenti allo show.
Nel sistema pensato da Grillo i media vengono costantemente bypassati attraverso l’uso di strumenti tecnologici che consentono di parlare alla gente e costringono i giornalisti a riportare quanto visto, sentito e letto, senza possibilità di porre domande. Democraticamente messi a tacere, con una paradossale coerenza: parlo solo con chi voglio io. Il che tutto sommato è più che lecito, nessuno ha l’obbligo di rispondere alle domande della stampa. A nessuna domanda, a dire il vero, e infatti lui Grillo non risponde quasi mai.
Cercando di innovare il rapporto con la gente il leader del M5S si è limitato a proporre una nuova forma di broadcasting personale. Esattamente come fa Berlusconi con i video messaggi. Basta guardare al suo Twitter: repliche, menzioni e RT durante la campagna elettorale sono stati praticamente assenti. Un piccolo fail nel fail generale dei politici sui social media. I commenti ai post del suo blog sono stati invece cancellati. Leggi tutto “Il peso di Grillo sull’informazione”

Undici tesi sul risultato elettorale

 

  • di Angelo d’Orsi

 

E ora? Mi aggiro in uno scenario che non mi piace: la fastidiosa sbornia dei vincitori; le grottesche giustificazioni dei perdenti; il silenzio imbarazzato di chi pronosticava tutt’altro esito; e, personalmente, tento di elaborare il lutto, essendo tra coloro che votavano sapendo di essere comunque sconfitti, al di là dei risultati specifici ottenuti dalle liste su cui avessero tracciato il loro segno. Sconfitto, in quanto nessuno dei contendenti esprimeva il mio pensiero, e soprattutto, anche chi sentivo più vicino, aveva scelto procedure e metodi all’insegna di una “vecchia politica” (non trasparente, non democratica, verticistica, e comunque battuta nelle urne) nella costruzione del progetto e nella definizione delle liste. E poiché non faccio il politico, di professione, bensì lo studioso, invece di imprecare, o gioire, o giustificare, provo a ragionare, sulle cause di quella che è comunque una sconfitta forse epocale della sinistra, o almeno di quello che finora abbiamo chiamato “sinistra”. E l’esito della mia riflessione è per me devastante. Mi sento solo, come non mai. Eppure le possibilità di vedere una luce esistono, almeno sul piano della mera logica. Con uno sforzo non indifferente, cerco di fare luce in questa nebbiosa situazione postelettorale. Chiedo aiuto al “Segretario fiorentino”, il grande Niccolò, ricordando che Il Principe – il capolavoro della teoria politica di tutti i tempi – fu da lui scritto esattamente mezzo millennio fa, sulla base dell’esperienza politica diretta, e sulla base della conoscenza della storia: le due fonti del pensiero di Machiavelli: un ausilio indispensabile ancora per riflettere sull’universo politico. E mi perdoni Marx, per il vezzo delle undici tesi.

Prima tesi. Non si sconfigge l’avversario diretto ignorandolo, o usando contro di lui il fioretto.
La campagna elettorale di Bersani, di Vendola, di Ingroia è stata minimalista, sia nelle forme, sia nel contenuto. Tutti e tre, e i loro alleati, sono caduti nell’errore di ostentare un atteggiamento di sicurezza sui risultati, ritenendo non solo fuori gioco Berlusconi, ma non attaccandolo neppure con energia. La campagna “bene educata” l’aveva già condotta Veltroni nella precedente tornata elettorale con i risultati disastrosi che conosciamo. Non si vince facendo le allusioni, le battutine, e nutrendo di metafore il proprio discorso. Ti devi presentare come avversario, non come socio e neppure come condomino. Specie in una contesa in cui l’avversario ti attacca in modo violento. Anzi, in una campagna elettorale l’avversario diventa nemico: e i nemici bisogna “spegnerli”, insegna Machiavelli. La rivoluzione non è un pranzo di gala (Mao), ma non lo è neppure una elezione in un momento drammatico come il presente della storia d’Italia. Ingroia, addirittura, ha commesso il solito errore (un errore storico della sinistra in Italia) di attaccare più spesso e con maggior foga sia i suoi possibili alleati (ossia coloro che poi a giorni alterni invitava all’alleanza), che il nemico n. 1, ossia Berlusconi. Bersani, ha posto sullo stesso piano il PDL e M5S. E ora, nelle lungaggini del trattativismo post-voto sembra essere ancora oscillante, tra i due poli.
In ogni caso è mancata a tutti i candidati del Centrosinistra l’aggressività necessaria, tanto più in una situazione catastrofica come la presente. Nessuno di loro ha saputo essere “lione”; ma, ahinoi, neppure “golpe”: né energia, né astuzia. Quello invece che hanno mostrato Berlusconi e Grillo (Monti era dal canto suo piuttosto patetico, e il Vaticano, massoneria e Confindustria non gli sono bastati a farlo decollare). Leggi tutto “Undici tesi sul risultato elettorale”

DEMOCRAZIA APPESA AD UN SOFTWARE

 

 

In viaggio tra influencer e troll nel complicato mondo dei commenti grillini pro e contro la fiducia. «On line il 90% dei contenuti è creato dal 10% degli utenti». La massima del marketing virale firmata Gianroberto Casaleggio ricorda e capovolge quel «Siamo il 99%», slogan lanciato dai movimenti Occupy in tutto il mondo

Una delle più note massime di Gianroberto Casaleggio – pubblicata sul suo sito 3 anni fa – recita così: «On line il 90% dei contenuti è creato dal 10% degli utenti. Questi utenti sono gli influencer». L’espressione non è sua, ma dell’esperto americano di marketing Paul Gillin, che l’ha coniata per primo. Aggiorna, se vogliamo, all’era della Rete, le vecchie ricerche anni ’50 del sociologo Paul Lazarsfeld, che osservò il ruolo degli opinion leader nella diffusione a due fasi della comunicazione mediatico-politica, e definì la loro «influenza», appunto.

«Gli influencer – continua Casaleggio – vanno valutati come asset strategici delle aziende». Hanno blog, postano video, sono attivi sui social network, e perciò possono convincere a vendere auto, telefonini, vacanze, pannolini. Come ben sa, aggiungiamo, chi si avventura sui siti che propongono «l’opinione degli utenti» a proposito di prodotti e servizi sul mercato: opinioni spesso finte, pagate, sollecitate secondo le regole del marketing virale. Nel post di Casaleggio sugli influencer non si fa cenno alla politica, e neppure al ruolo degli influencer nello spostare voti. Il fenomeno è entrato da qualche tempo nelle agende degli studiosi di comunicazione. Non andrebbe tuttavia dimenticato che un saggio sul legame tra marketing e politica lo diede Forza Italia nel 1993, che in mancanza di internet usò la rete dei venditori Publitalia per dare una struttura territoriale al movimento.
Il legame tra marketing e politica o – detta in altri termini – la questione della democrazia interna al moVimento, lo sappiamo, è quello che ha fatto storcere il naso a parecchi. Fino al giorno delle elezioni, questo genere di sospetti e ironie sono stati rilanciati e dibattuti ampiamente dalla Rete. Con scarso successo, si direbbe (e certamente con notevole sottovalutazione della profondità del fenomeno). Ma il dibattito non è certo finito e anzi attende i «grillini» alle loro prime mosse da cittadini eletti (vedi l’intervista a Wu Ming ieri su questo giornale). Lunedì prossimo i cittadini eletti del MoVimento si incontreranno a Roma con Grillo, Casaleggio e con lo «staff». Ecco una buona occasione per cercare di capire qualcosa di più concreto di quel che accadrà. Leggi tutto “DEMOCRAZIA APPESA AD UN SOFTWARE”

Non fatevi ingannare dal voto utile

 

 

“L’appello al voto utile è un inganno”. Questo il messaggio che Antonio Ingroia ribadisce a Perugia, prima tappa della giornata umbra. Nell’affollata sala dei Notari il leader di Rivoluzione Civile aggiunge: “chi sta favorendo il centrodestra è chi si prepara a fare un governo con Monti perché Monti è il centrodestra”.
Questo non esclude, però, convergenze rispetto alla altre forze politiche: “Rivoluzione civile ha il programma più dettagliato e più coerente di qualsiasi altra lista ed è benvenuto chiunque converga sulle nostre posizioni”. Per esempio, una delle priorità di Rivoluzione Civile è la riforma della giustizia: “Abbiamo bisogno di un processo breve e di una prescrizione lunga e dovremmo cancellare le leggi ‘ad personam’ per fare un’efficace legislazione contro i corrotti”.
A una settimana dal voto il leader di Rc è sereno, come dichiara nell’intervista rilasciata nel pomeriggio a TgCom24: “Sto incontrando tanti cittadini con grande voglia di partecipare e di fare quella rivoluzione pacifica che proponiamo – dichiara – sono confortato e rassicurato da quello che vedo e che sento”. Gli italiani, infatti, ascoltano con attenzione quello che Rivoluzione Civile ha da dire, nonostante il sistema dell’informazione e le altre forze politiche stiano cercando di oscurarla: “cercano di escluderci dall`inizio della campagna elettorale anche dai dibattiti Tv. Forse anche Monti ha paura di confrontarsi con i temi e con i contenuti di Ingroia e Rivoluzione Civile”.  E anche Beppe Grillo, che dice di stare dalla parte dei cittadini, non ha una vera proposta politica per Ingroia: “è facile dichiarare a parole di essere contro la Casta, ma in questo momento è grazie alla magistratura che la Casta viene portata alla sbarra. Noi stiamo dalla parte della magistratura che vuole tutelare i cittadini onesti”.
Del resto il primo problema italiano è quello della corruzione e della malapolitica: “l’Italia di oggi ormai è una tangentopoli a cielo aperto – continua Ingroia a Tgcom – ma il merito di aver scoperchiato questa nuova Tangentopoli è della magistratura, mentre Monti è responsabile per non aver messo in piedi dei rimedi adeguati per contrastare la corruzione”. Rivoluzione Civile, invece, vuole ripartire proprio dalla lotta all’evasione, alla criminalità e alla corruzione per far uscire il Paese dalla crisi: “La nostra proposta è di confiscare i patrimoni ai corrotti e agli evasori fiscali. Noi – conclude – abbiamo un obiettivo ambizioso, quello di eliminare la mafia, colpendola nel suo cuore finanziario, contrastando le collusioni con la politica e bloccando la sua diffusione”.

Voto utile: antidoto a Rivoluzione civile!

 

 

Che noia! Tuttavia siamo costretti a parlare ancora di voto utile, (o “inutile”, secondo quello che va raccontando Matteo Renzi, degno erede di Walter Veltroni). Prima di entrare nella “cronaca” delle rappresentazioni indecorose del sindaco di Firenze, cerchiamo di capire bene quello che si cela dietro al tambureggiante messaggio affabulatorio riproposto dal Pd. Crediamo sia utile ricordare come già una volta (proprio grazie allo stesso Walter Veltroni) il “giochetto” del voto utile portò alla contemporanea vittoria di Silvio Berlusconi e al mancato ingresso in Parlamento della sinistra radicale (con il conseguente disastro che ben conosciamo!). L’interrogativo è rimasto aperto ad anni di distanza: ostacolare l’ingresso e la presenza in Parlamento di quella parte di sinistra che comunque avrebbe garantito (anche in caso di sconfitta) un contributo sicuro, non è stato forse come “regalare” già una volta il paese all’uomo che ha preparato la strada che ci ha portato al disastro attuale?  Quello fu il primo tentativo di strumentalizzazione politica fatta attraverso un messaggio fuorviante qual’è quello del voto utile. Vediamo oggi cosa sta accadendo… Anche un bambino capirebbe la situazione che vede Bersani fare di tutto per arrivare ad un accordo politico con la lista centrista di Mario Monti; cosa che, prima o dopo le elezioni, sicuramente avverrà. Non può essere diversamente, anche qualora il centrosinistra dovesse risultare vincitore dalle urne. La scelta sarebbe obbligatoria, sempre che, Bersani e soci, non vogliano ritornare a votare nel breve volgere del tempo. L’annuncio dell’intenzione di votare Ambrosoli al Pirellone dato da una parte dei centristi, ne è chiara dimostrazione; tanto che lo stesso Bersani si lascia andare a dichiarazioni affrettatamente ottimiste ma sicuramente indicative: “Può essere una svolta. Finalmente, fa breccia l’idea del voto utile. Utile per vincere”. Non contento, il candidato premier del centrosinistra salta ogni livello e sposta il discorso sulle politiche: “Bisogna far capire che la partita è tra il centrosinistra e Berlusconi. In Lombardia e in tutta Italia”.   Leggi tutto “Voto utile: antidoto a Rivoluzione civile!”