Siamo comunisti, gli unici coerenti

   
Parla la candidata a sindaco dell’alleanza tra Rifondazione e Pdci

LIVORNO. E’ la volta di Tiziana Bartimmo per la serie dei candidati a sindaco che si sottopongono alle domande dei cronisti del Tirreno. Sostenuta dalla lista che mette insieme Rifondazione e Partito dei comunisti italiani, Tiziana Bartimmo ha 55 anni ed è impiegata amministrativa in un istituto scolastico della città. Proviene dal mondo sindacale, avendo fatto parte del direttivo provinciale della Cgil scuola. E’ alla sua prima esperienza amministrativa. Al forum hanno partecipato il capocronista Andrea Lazzeri, Alessandro Guarducci, Luciano De Majo, Lara Loreti, Giovanni Neri, Mauro Zucchelli.

Come organizza la sua campagna elettorale? Con quale budget?

«L’altro giorno leggevo di Cannito che ha un budget che oscilla fra i 40 e i 50mila euro. Questa cosa ci ha fatto molto ridere perché il nostro è completamente inesistente: i contributi non arrivano più né dal regionale né da Roma, dove tutto lo sforzo economico è per il risanamento di “Liberazione”, il nostro giornale. Per la campagna elettorale, la scelta sulla mia persona non è focalizzata su un volto, ma su una squadra di lavoro. Dietro di me c’è sicuramente un gruppo di lavoro, come sarà dimostrato dalla composizione della lista, che è è molto eterogenea e comprende un gran numero di lavoratori, a cominciare da quelli di aziende in crisi».

Le priorità dell’alleanza che la sostiene quali sono?
 
«Prima di tutto la difesa deilavoratori. Anche per questo non puntiamo sul nome del candidato a sindaco. Siamo in un momento di crisi e quindi l’attenzione deve essere concentrata tutta sulla risoluzione della crisi».

L’accordo col centrosinistra non l’avete fatto, quello con Verdi e Cannito neppure. Non temete di rischiare una ulteriore marginalizzazione?

«Avevamo cominciato un percorso anche con altre forze politiche, a partire da Sinistra democratica, avviando un confronto con il Partito democratico. Questo percorso si è fermato a marzo perché non sono state trovate convergenze sufficienti sui punti programmatici. Noi avevamo chiesto al Partito democratico di darci un chiaro segno di discontinuità e di innovazione con le politiche precedenti e questo non c’è stato».

Su quali punti?

«Nelle politiche di risoluzione della crisi, il Partito democratico mi sembra si sia manifestato con scelte molto moderate. Sinistra democratica, poi, si è sfilata da questo percorso: bisognerebbe mettere un po’ in evidenza non tanto la nostra scelta di correre da soli, quanto le contraddizioni degli altri: di chi aveva cominciato un percorso insieme a noi per cercare di spostare il governo di Livorno più a sinistra e poi è rientrata nell’ombra del Partito democratico».

E l’alleanza di voi di Rifondazione col Pdci come la giudica?

«Molto forte e importante. E’ partita dal discorso delle elezioni europee e quindi non si sarebbe capito come mai su un territorio così rilevante come Livorno per il Partito comunista non si potesse riproporre quello che è stato fatto per le europee: è una lista che anche nel simbolo grafico richiama i simboli del movimento operaio italiano, la falce e martello».

E il mancato accordo con Cannito, con cui avete fatto diverse battaglie comuni in questi cinque anni?

«Mi pare che loro siano partiti molto prima della discussione sulle candidature. Però, insomma, anche Cannito parla di lista civica e poi ha dentro Sinistra critica… In questo momento ritengo che sulla scena politica livornese noi siamo quelli che abbiamo dimostrato il massimo rigore e la massima linearità: il nostro non è un cartello elettorale, ma una lista con un’identità precisa».

Ipotesi ballottaggio: con chi vi schierereste?

«Prima di tutto, anche noi partiamo per vincere. Poi, nel caso che non fossimo esclusi dal secondo turno, faremo una serie di passaggi coi nostri iscritti e con la nostra gente prima di decidere. Se c’è un punto che mi preme sottolineare, è che in questo momento a Livorno c’è un reale e un grosso pericolo dell’entrata della destra nel governo della città. E’ una destra che ha caratteri pericolosi, spero che i livornesi lo capiscano».

E la discesa in campo dell’ex sindaco Lamberti come la valuta?

«Lamberti rapppresenta una lista trasversale che è un po’ quella dei grandi interessi, dei poteri forti».

Rifondazione e Pdci avevano quasi il 20 per cento nel 2006, in città. Alle politiche del 2008, la Sinistra arcobaleno ha toccato il 6 a malapena. Quale risultato riterrebbe soddisfacente?

«Speriamo di tornare alle percentuali che avevamo e anche di accrescerle. Purtroppo il percorso che ha portato alla definizione alla lista dell’Arcobaleno è una delle pagine più tristi della sinistra italiana: per la prima volta in Parlamento non c’è la sinistra. Ecco, il significato di questa nostra lista è, prima di tutto, uno sforzo di chiarezza. Siamo una lista chiaramente comunista e anticapitalista, che non è una parola retorica: mai come ora anticapitalismo vuol dire rifiuto di tutti quei modelli di sviluppo che ci hanno portato a vivere questa terribile crisi».

Ma Livorno come può uscire dalla crisi?

«Siamo per un nuovo modello di sviluppo compatibile con l’ambiente e per un forte intervento pubblico in economia. La vocazione di Livorno è una vocazione industriale e marittima. Da qui bisogna partire: difendendo le industrie che ci sono e cercando di attrarre investimenti sul territorio di imprenditori che sappiano dialogare con gli enti locali. Una priorità del momento è lo stop ai licenziamenti: se il dopo crisi vedrà un tessuto industriale completamente disgregato non saremo in grado di reggere».

Capitolo sicurezza: non siamo ai livelli di altre città ma comunque l’allarme cresce, soprattutto in centro. Che cosa proponete?

«E’ un problema che c’è e che si risolve, prima di tutto, con politiche di riqualificazione, prima di tutto del centro, in direzione di una nuova vivibilità, partendo dall’idea che la città deve tornare ad essere un luogo di incontro dei cittadini. Non si devono fare politiche per far rimanere in casa la gente, ma perché la gente esca dalle case: quindi politiche di riqualificazione culturale, con centri di aggregazione. Bene, se nella zona più sofferente ci fossero attività e centri di aggregazione, anche il livello di sicurezza sarebbe maggiore. Quanto al rapporto con la presenza dei migranti nei nostri quartieri, servono politiche di inclusione e non di demonizzazione del diverso. La socializzazione è lo strumento più adeguato per evitare situazioni di disagio e di difficoltà».

Ospedale: lasciarlo lì o spostarlo? E lo stadio?

«Vorrei evitare fughe in avanti, e intravedo proprio questo rischio. Il problema dell’ospedale, così come quello dello stadio, è uno di quei grandi temi che investono la città. Serve un confronto vero, con la cittadinanza. Non è possibile che la città subisca decisioni così importanti e le venga a sapere una volta che le scelte sono state fatte. A proposito dell’ospedale, chiarito che anche se si cominciasse a costruire domani si andrebbe comunque al prossimo mandato, parlare di sanità a Livorno significa riqualificare i servizi sanitari decentrandoli. Dobbiamo rivalutare i distretti sanitari cercando di modularli sui territori. Dietro l’idea dello spostamento dell’ospedale c’è tutto un disegno di sdradicamento delle scuole superiori da dove sono ora: è un pericolo che si richiama allo svuotamento del centro».

Porta a mare: siete contrari anche a questo insediamento?

«Siamo contrari se Porta a mare vuol dire un nuovo centro commerciale, perché uno ce lo abbiamo già e poi si parla del Centro commerciale nel nuovo quartiere San Martino. Livorno non ha sicuramente bisogno di nuovi centri commerciali: ormai siamo diventati la città dei centri commerciali… Quindi no ai centri commerciali e alla speculazione edilizia».

Siete d’accordo con la possibilità di costruire al di là della Variante Aurelia?

«No. Per noi è un limite che rimane fermo».

Siete anche contro il progetto su piazza del Luogo pio?

«Noi siamo contrari ad una nuova cementificazione, ovviamente contro questo progetto come eravamo contrari prima lo siamo anche ora. Vogliamo per la città un’urbanistica sociale e ambientale: impatto zero per il territorio e consumo zero del territorio, con una forte rivalutazione del ruolo pubblico anche nell’edilizia perché anche l’emergenza abitativa è un problema che si fa sentire: servono più affitti a prezzi concordati. Abbiamo tentato un accordo programmatico e un’apertura politica nei confronti del Partito democratico, ma nonsi sono scostati molto da quelle politiche moderate e centriste che poi sono quelle di carattere nazionale».

E quali sarebbero le scelte moderate effettuate dal Pd a Livorno?

«Sicuramente non una risposta immediata e adeguata alle esigenze che la crisi poneva: ci sono i lavoratori dell’Agip che hanno segnalato già da un anno che il problema della raffineria è quello di non farne un sito di deposito ma di mantenere l’attività produttiva. C’è stata una riunione nella quale sono venute fuori domande e richieste precise: ma questi operai stanno aspettando sempre una risposta. Così, non si è visto un gran movimento neppure per quello che riguarda anche tutto il settore della componentistica, dove c’è la crisi più netta perché è in crisi tutto il settore dell’auto».

Allora ci dica due o tre cose di sinistra che fareste voi se foste voi al governo della città, nel concreto.

«In concreto, sostegno netto a questi lavoratori che sono in cassa integrazione aprendo dei tavoli di confronto nella città anche con le associazioni datoriali e sindacali, affinché siano messe in atto politiche di sostegno a questi lavoratori. Ad esempio, l’aumento della cassa integrazione da 52 a 104 settimane, poi come avevo detto lo stop ai licenziamenti e tutta una serie di agevolazioni nelle tariffe comunali e non solo, a partire da quelle della scuola e dei servizi. Un altro provvedimento da prendere è uno stop agli sfratti per morosità, senza dimenticare chi non ha nemmeno la cassa integrazione perché molte volte si parla dei lavoratori che perdono la cassa integrazione. C’è tutto un settore di lavoratori che non hanno nemmeno la cassa integrazione. Io provengo da un settore, quello della scuola. Penso a tutti i precari della scuola che a settembre non troveranno ricollocazione: mettendo insieme tutti questi precari raggiungiamo il numero di una grande azienda che chiude e di questi lavoratori non si sa più niente».

Nell’alleanza che sostiene Cosimi c’è il Pd ma anche altre due liste di sinistra. Non temete che possano attirare un po’ dei consensi destinati a voi?

«Non penso, perché i valori che porta avanti la nostra linea sono chiari: è una lista comunista e mi sembra che la sua connotazione sia chiara. E’ l’identità delle forze in campo che conta: su questo non ci sono dubbi. Penso, dunque, che la gente sia perfettamente in grado di riflettere e ragionare con il proprio cervello. A me non piace una campagna politica fatta di accuse e offese nei confronti degli altri, però dai compagni “vendoliani” che sono usciti dal partito in nome dell’unità vorrei sapere come si fa l’unità della sinistra staccandosi dal partito e rientrando, di fatto, all’ombra del Partito democratico. Tanto valeva, per loro, entrare direttamente nel Pd, visto che non propongono politiche così diverse dalle loro».

In questi cinque anni vi siete opposti praticamente a tutte le scelte compiute dalla maggioranza di centrosinistra che governa la città. Ma di questa amministrazione non salvate proprio niente?

«E’ una di quelle domande che mi piacciono poco, perché per rispondere costringono a tenere la testa rivolta all’indietro. Noi vogliamo guardare avanti e contribuire a risolvere i problemi della città. Rispetto all’amministrazione attuale ci poniamo in netta discontinuità, naturalmente da sinistra. Ed è per questo che chediamo il voto dei livornesi».