“Livorno ed il suo Territorio costituiscono comunità fondate sul lavoro”: relazione introduttiva.

Iniziativa 8 giugno – Vittorio Vittori *

 

In una Italia turbata dal dramma dell’Emilia e dalla tragedia, in gran parte operaia, che là si è consumata, il Senato ha cancellato l’art.18; adesso toccherà alla Camera.
Il testo uscito dal Senato, liquidata praticamente la giusta causa nei licenziamenti,ha levato l’obbligo della  causale per i tempi determinati,non fanno lavoro subordinato quelle partite IVA che guadagnano meno di 700 euro al mese, per il lavoro a chiamata basta un sms, è abolita la responsabilità in solido della ditta appaltatrice sulla mancanza di rispetto di leggi contratti da parte della ditta in appalto;si da una mazzata al sistema degli ammortizzatori sociali esistenti (ed in una situazione di crisi perdurante, possiamo cogliere appieno l’angoscia dei lavoratori, di cui si è fatta interprete la FIOM livornese) ecc.. ecc.
Degna di apprezzamento la sensibilità politica dimostrata dall’Assessore Simoncini in risposta di cui abbiamo letto oggi sulla stampa.  Dobbiamo augurarci che qualcuno dei Senatori che ha votato a favore,lo abbia fatto con qualche sentimento di vergogna; se non ci sono le condizioni per pensare ad un “ravvedimento operoso” di nessuno di coloro che hanno deciso queste cose, sarà dura davvero…
Da un terremoto un paese sano può rialzarsi, dal cinismo e dalla incompetenza di una classe dirigente lo  potrà fare solo con grandi difficoltà. Assicuratosi il risultato di una legge che rende precario il futuro di un lavoratore quaranta- cinquantenne che ovviamente costa di più di un apprendista (il licenziamento per motivi economici è questo !) e non garantisce nulla ai giovani,di più del poco che hanno oggi, il Presidente Monti e la Fornero hanno avuto il coraggio di dire che da oggi siamo più europei; lo stesso coraggio che ha fatto dire alla Fornero  di fronte al dramma degli esodati, “ Abbiamo creato un problema, ma non possiamo farci nulla”; il parrossismo licenzaiolo (,o licenzioso ?), della Fornero l’ha portata addirittura ad un braccio di ferro con il Ministro della Funzione pubblica per garantire che anche nel Pubblico Impiego si abolisca la giusta causa.
Ho già avuto modo di consigliare a qualche compagno e compagna la  lettura di  un interessante libretto di Giulio Sapelli “l’Inverno di Monti”sulla cultura e sull’atteggiamento mentale con cui questi Professori ma “non intellettuali”,dice Sapelli, si rapportano con i cittadini.
Sono messaggi laceranti questi che si mandano al paese; nei momenti di crisi un paese ha bisogno di punti di riferimento,di avere fiducia in chi  lo guida, sapere che è guidato da criteri di giustizia ancora di più quando è chiamato a sacrifici; altrimenti la crisi economica  diventa, se già non è diventata, crisi morale.
Il quadro politico è in movimento, la crisi sconvolge gli assetti tradizionali(il governo Monti e la sua maggioranza da una parte, il grillismo dall’altra).
Bersani ha lanciato la corsa  alle primarie; la cosa non farà di sicuro oscillare lo yen alla Borsa di Tokio, come avrebbe commentato Sergio Manetti , ma un vantaggio ce l’ha,a meno che non si voglia rimandare il tutto alla fine dell’anno: si apriranno i giochi,saremo in condizione di capire se e quanto il PD sarà una forza spendibile in una coalizione di progresso. di quanto e di cosa del lascito del governo e della cultura di Monti la sua proposta  sarà emendata. Il tempo,poi, non è una variabile secondaria: lo ha ricordato Stefano Fassina al suo partito; ed ancora di più ce lo ricorda il precipitare della crisi dell’euro e l’inusitata minaccia di Obama di rendere gli USA autosufficienti dall’Europa;oggi se ho capito bene anche la Cina si rivolge in questo modo all’Europa.
In politica per vincere e non fare solo testimonianza le alleanze sono indispensabili e con esse le mediazioni e i compromessi, e questi si misurano su un dato solo: se ci consentono di fare su questioni che giudichiamo essenziali un passo in avanti o meno. “Meglio meno, ma meglio”diceva uno (Lenin).
E le mediazioni ed i compromessi e le alleanze che possono conseguire diventano un fatto politico, percepito nel loro valore, se si esplicitano i punti di partenza dei soggetti contraenti.
Noi ai diritti del lavoro, ed al lavoro, ad uno sviluppo socialmente ed ambientalmente sostenibile non rinunciamo: non perché vogliamo essere la rappresentanza corporativa della classe operaia e dei lavoratori nella società politica, ma perché siamo socialisti e comunisti,ed in linea con la cultura più avanzata della sinistra europea da Hollande a Mélenchon a Syriza sappiamo che non c’è altra strada per uscire dalla crisi ed evitare a noi ed alle nuove generazioni un presente ed un futuro di barbarie; in questo modo sappiamo di rappresentare interessi più generali.
Abbiamo letto il linguaggio dotto dei ricercatori del Censis che hanno parlato di scarsa capacità di rappresentanza degli interessi; rivalità istituzionale,cortocircuito del dialogo; solitudine delle imprese e del sindacato per fotografare la situazione livornese; e francamente non ci convince,come spiegazione, l’immagine di De Rita che “non c’è più né il Re né lo Stato,bensì uno slittamento dei poteri verso l’alto”. Proprio per questo motivo ci permettiamo di riaffermare che una comunità  ha bisogno di sapere che chi la governa, al di là del giudizio sulla sua concreta azione, non perde il  tempo nelle proprie contraddizioni interne, ma è impegnata comunque a perseguire obiettivi di interesse generale; per questo motivo abbiamo espresso preoccupazione per la conflittualità che si è aperta nella maggioranza che si era presentata al voto dei livornesi nel 2009 ed ancora di più per le forme politicamente poco intellegibili,diciamo così, in cui si esprime. Con la nostra odierna iniziativa, vogliamo dare un contributo a rimettere al centro i temi ed i problemi che stanno di fronte agli uomini ed alle donne,ai giovani del nostro territori e per questo siamo grati agli autorevoli interlocutori che hanno accettato il nostro invito.
Per prima cosa chiediamo che le Assemblee elettive siano investite di una discussione sui rischi sismici sul nostro territorio.  A quanto leggiamo, ed ascoltiamo, il terremoto dell’Emilia non è ,nella sua tragicità e drammaticità, uno dei periodici eventi calamitosi che hanno funestato il nostro paese, ma si inserisce e rivela una crisi del sistema orografico (lo spostamento degli Appennini) che avrà altre manifestazioni.
Non possiamo pensare di essere fuori da questi rischi, bisogna prevenire nei limiti del possibile. I cittadini hanno diritto alla sicurezza e chi li rappresenta deve garantirla E quando si parla di sicurezza bisogna andare alla vicenda della Grimaldi; ora qui non ci interessa andare a cercare le responsabilità di chi lo doveva  denunciare come straordinario invece che ordinario..a questo ci penserà chi deve,..quello che interessa è che si risolva il problema: La lettera di Comune,Provincia, ARPAT a Monti,se i rischi sono quelli che vengono paventati è del tutto insufficiente; occorre mobilitare quantomeno parlamentari,Consigli,che lo stesso Consiglio Regionale faccia sentire la propria voce.
La cura del territorio, dell’ambiente, della navigazione (con l’intensificarsi del crocierismo,oltretutto) diventa una priorità.    L’ iniziativa politica su lavoro e occupazione che abbiamo programmato e che ha avuto il suo primo appuntamento con l’iniziativa sul commercio del 26 u.s,  ha questo senso: una occasione di confronto tra noi e le istituzioni e importanti realtà sociali.  Del quadro politico nazionale abbiamo già detto: in Parlamento si riesce a peggiorare un già pessimo disegno di legge la perdurante assenza di politiche industriali e produttive (a meno che si voglia prendere sul serio i  lo sblocco delle centrali e dei rigassificatori, perché sulle risorse la Ragioneria dello Stato e il Ministero dell’Economia hanno messo una bella pietra sopra ); la perdita di consenso dei poteri forti è questa, la consapevolezza che se alla pecora si taglia la gola e basta dopo non ci sarà più trippa per i gatti.
le incertezze sul ruolo delle Province.  Noi sappiamo che Livorno da sola non ce la farà ad uscire dalla crisi; che la situazione del lavoro e dei giovani è drammatica. Ma se non si parte da noi non si va da nessuna parte e bisogna partire in un rapporto con la Regione Toscana come minimo. La vicenda della Tirrenica Chiedo scusa ma torno a De Rita; quando tace la politica i sociologi con tutto il rispetto finiscono per occupare spazi impropri e fare,non per loro colpa, danni. Quando De Rita ci ricorda, a sostegno della sua tesi,  sull’essere sudditi di un potere lontano:
a) il porto dipendente dalla grandi direttrici dei traffici marittimi internazionali
b)le grandi fabbriche praticamente tutte in mano alle multinazionali
c) i flussi finanziari derivanti da decisioni che hanno la  testa altrove non esprime una sentenza di condanna, ma fotografa alcuni dei tratti distintivi del nostro apparato economico.
L’essere un territorio aperto, e dipendente dal mondo, ci impone il superamento di ogni localismo,un respiro politico alto. Abbiamo bisogno di governo,di programmazione; non è tempo di scemenze ideologiche: la dura realtà dei fatti ci dimostra che il mercato da solo non risolve nulla, il mercato ha bisogno di indirizzi. Si parla di marketing territoriale,di capacità di attrazione di capitali; il primo marketing di un territorio è l’idea che un territorio ha di sé, e questo gli è dato dalla sua progettualità. Non si governa per “scontentare qualcuno”, in democrazia si governa per dare risposta alla maggioranza dei cittadini, e la questione del consenso è decisiva per evitare che “lo scontento di qualcuno” diventi la massa critica che impedisce di andare avanti.
Non ci sono scorciatoie al fare politica.  Il quadro locale non è per noi molto più rassicurante
-la Provincia sente le incertezze che la riguardano
-in Comune siamo a situazioni inedite.
Noi diamo un giudizio preoccupato e severo dei limiti di programmazione e governo delle nostre istituzioni locali. Della Conferenza economica provinciale non se ne parla più Piano regolatore generale del Porto e Piano Strutturale viaggiano a velocità diverse.
Il Piano regolatore generale del Porto si presenta sempre più come un piano di zonizzazione delle aree portuali. Collesalvetti chiede di essere compresa nella programmazione infrastrutturale e logistica,ed invece di affrontare questo tema dentro il quadro del PRG si è rischiato di dar vita all’ennesima  disputa localistica, che non aumenta di sicuro il nostro prestigio in Toscana.  I rapporti sull’andamento economico del nostro territorio ci dicono della modesta crescita del 2011; ottenuta con relativa innovazione di processo e molto con sfruttamento della mano d’opera, ma ancora di più grazie all’aumento del costo delle materie prime che esportiamo.
Emerge comunque il ruolo delle grandi imprese; noi siamo tra i primi sistemi locali toscani per raffinazione, chimica, gomma e metalmeccanica, trasporti, logistica servizi alle imprese. Conosciamo le potenzialità e le fragilità del sistema. Non nascondiamo di guardare con preoccupazione a quanto sta avvenendo a Piombino dove un esito non felice della vicenda Lucchini potrebbe avere conseguenze disastrose  per quel comprensorio e oggi incalcolabili per il resto della provincia.   Seguiamo con attenzione il rapporto che il governo regionale ha avviato con Solvay per conoscere le prospettive di sviluppo del polo chimico che lì insiste,fondamentale per Livorno e l’intera Toscana. E’ da chiarire la posizione di Ineos per quello che riguarda il processo dell’etilene, scaduto il protocollo ad oggi non sappiamo quale sia il futuro di almeno una delle due centrali a turbogas. Abbiamo visto l’interpellanza che il nostro Gruppo regionale ha presentato per garantire condizioni di sostenibilità sociale ed ambientale del futuro della Solvay e del suo indotto.
Noi non siamo tra quelli che guardano ai vent’anni che stanno alle nostre spalle come un deserto.
Abbiamo chiare le occasioni perse a cominciare dai Patti Territoriali; non ci interessa tenere aperta la vicenda del Cantiere Navale,ma il punto è che quanto di positivo si è costruito e/o consolidato  Azimut, i Bacini,la Wass, il Crocierismo ecc. sono poco più che cattedrali nel deserto, ed in questo modo invece di costituire fattori di crescita diventano fattori di destabilizzazione economica e sociale, le vicende di queste settimane sono significative.  Quanta occupazione,quanta impresa legata al territorio corrispondente alle loro potenzialità hanno determinato queste realtà?sei parlava di una Scuola di Arti e Mestieri legata alla nautica,oggi leggiamo che la farà il Vescovo; non è rampognando l’inerzia dei commercianti che si consente al crocierismo di far decollare l’economia cittadina. Esiste una scelta che di per sé creerà una filiera; ed è la decisione di relativa alla nuova localizzazione dell’Ospedale che figlierà la qualità del nuovo Regolamento urbanistico. Per il bene di Livorno continuiamo a fare voti che questa scelta non vada avanti.   Quando il Presidente della Camera di Commercio dice che le imprese non hanno più fiducia nella politica, mi permetto di ricordare che la Camera di Commercio ha qualche responsabilità in più del proprio Ufficio Studi.
E’ fastidiosa la voce di chi ha responsabilità di governo e si fa opposizione nei confronti …dei filobus.
La vicenda della Concordia invece di farla diventare una occasione di attenzione su Livorno per risolvere problemi strutturali (i fondali)è stata occasione di sconvenienti battibecchi tra livelli istituzionali.
Piano regolatore generale del porto e Piano strutturale della città devono andare di pari passo.
Premesso che nessuno di noi,a suo tempo, ha mai creduto alle favole delle tre-quattro gambe del Cantiere; che ci sono scelte urbanistiche su quelle aree che vorremmo capire quanto cammineranno,la città e la Toscana tutta hanno il diritto di vedere un tavolo dove si mettono portafogli ordini,gli investimenti e i piani industriali di Azimut e le compatibilità che a quanto pare l’Autorità afferma esserci tra Bacini e Porta a Mare.
Scontiamo la mancanza  a monte di una riflessione condivisa su quello che Livorno deve diventare nel contesto, quantomeno, della costa Toscana,ed allora ci potremmo accorgere che le ditte di riparazione sulla costa sono le stesse, non essendo cresciuto praticamente nulla a Livorno. Si continua,  a inseguire tutte le occasioni senza un ordine di priorità corrispondente a nostri interessi e allora tra l’Ikea e le porte vinciane, decisive per il nostro Porto, non si coglie più la differenza, occorrerebbe programmare, ma sembra la cosa più estranea al nostra DNA; si vive di emergenze; quando guardiamo all’erba “più verde”dei nostri vicini pisani,  la differenza sostanziale sta nel fatto che loro hanno dimostrato uno sguardo più lungo del nostro.  Una cultura di governo deve rispondere anche alle emergenze,oltretutto quando te lo chiede il Governo del paese( mi ricordo la “nave dei veleni” nel 1989); una cultura di governo non si sottrae e pensa a come farla diventare una opportunità per il territorio.
Il porto diventa luogo di scontro sociale; c’è un problema di regole nel porto.
Emergono dicotomie tra Comune-Autorità Portuale- Comune di Collesalvetti-Regione che dimostrano i limiti di governo presenti. I rapporti sullo stato economico ci dicono quelli che sono i punti di forza del nostro sistema: la  centralità del ruolo della raffineria ,della componentistica,della logistica.
Oggi dobbiamo chiedere ad Enel quali sono i suoi progetti per il futuro dell’impianto. E bisogna farlo oggi che non siamo stretti nell’emergenza La crisi del settore dell’auto non ci rende tranquilli per i futuro della componentistica; siamo di fronte ad una offerta produttiva superiore alla domanda di mercato.
Abbiamo bisogno di pensare ad un cambiamento del modello di sviluppo che ripensi a tutto il sistema della mobilità,essendo l’auto un settore maturo. Non vogliamo mettere sulle spalle della Regione compiti e pesi istituzionali maggiori di quanto gli competano, ma non ho dubbi che anche in relazione alla Breda questo tema sia presente alla sua attenzione.  Più in generale abbiamo bisogno di indirizzi di politica energetica che consentano insieme alla conversione del sistema produttivo l’allargamento della sua base economica e occupazionale.
Questo è un territorio che storicamente si può dire che subisce un carico ambientale pesante anche per produrre energia per la Toscana, non può essere oggetto di scelte casuali che appaiono e scompaiono dalla scena (rigassificatore di Rosignano ecc.). Come abbiamo conservato la virtù dell’indignazione,quando occorre,abbiamo conservato anche quella dello sconcerto, quando sentiamo parlare di Mega TVR come carta da giocare che si affianca alla  terza linea dell’Inceneritore.   I temi dell’ambiente, dello smaltimento dei rifiuti (ed il problema vero è quello dei rifiuti industriali),del riciclo delle acque reflue dentro il quadro della produzione di acque per l’industria sono problemi seri  che vanno affrontati seriamente, ma tutto questo si fa dentro un quadro di programmazione che guarda al bilancio ambientale che deve essere in positivo e non può conoscere nuovi sovraccarichi.
Dove è scritto che industria ed ambiente debbono essere tra loro incompatibili?
Guardiamo con grande interesse allo sviluppo delle  imprese che garantiscono i servizi alle aziende industriali (l’annuncio dell’investimento della SGS sulla Sertec di un milione di euro). Guardiamo alla vera e propria rete di imprese che fanno riferimento allo sviluppo di energie rinnovabili e sostenibili. Sconcerta l’atteggiamento assunto nei confronti dei lavoratori del Caprilli  rispetto al progetto da loro presentato. Sappiamo bene che ogni prospettiva di sviluppo si lega ad una nuova politica creditizia. Guardiamo con attenzione a quello che
fa la Regione con la riforma di Fidi Toscana. Guardiamo con la giusta dose di interrogativi a questa nuova
Banca che arriva sul nostro territorio partecipata dalla Fondazione della Cassa di Risparmi di Livorno che vede come inossidabili protagonisti, vecchi conoscenti liberali e socialisti della mia generazione.
Ci sono poteri che si stanno riassestando attorno a questo settore? Ma dove poteri hanno campo per assestarsi e senz’altro il Porto. Il Porto è il cuore economico e sociale della città,parte essenziale della sua tenuta civile; le tensioni che si sono venute creando suscitano preoccupazione..
Sono il frutto di una crisi del lavoro che in parte ha cause oggettive,esterne , ma in buona parte attengono al governo del porto; il carico di lavoro l’anno scorso è aumentato e le ore di lavoro sono diminuite,le regole sono diventate molto flessibili,il problema dei fondali che, non risolto, acuirà i problemi dell’occupazione, la mancata soluzione dell’assetto societario della Porto 2000,dove l’Autorità Portuale mantiene un ruolo maggioritario incompatibile con la legge sono tutti fattori che stanno dietro la crisi di questi giorni.
Non abbiamo avuto bisogno di leggere i gossip politici di questi giorni  per capire che attorno alla difesa a spada tratta del carattere pubblico della Porto 2000 (in questa epoca di rivoluzionari liberali che incontriamo su tutte le cantonate) si aggregano interessi e schieramenti che possono prefigurare anche nuovi equilibri politici.  L’ Autorità Portuale assuma pienamente il ruolo di terzietà, di arbitro, che la legge gli affida e trovi una soluzione che garantisca la pace sociale nel porto.    Autorità Portuale, Comune, Provincia una volta tanto di comune accordo colgano l’opportunità dell’interesse del Ministero dell’Ambiente per la soluzione del problema della Concordia nel nostro porto per chiedere che vengano accelerate le procedure dello smaltimento dei fanghi degli escavi.
Abbiamo apprezzato l’attivismo dell’Autorità portuale nel rapporto con le Ferrovie ma chi deve attaccare il campanello alla coda del gatto per partire? Abbiamo molte situazioni di crisi che chiedono di essere affrontate partitamente ma quello che serve è ricondurre queste situazioni ad un quadro di insieme,unitario,che ispiri da una parte il disegno di governo da portare avanti,dall’altra anche la piattaforma da portare sui tavoli di governo regionali e nazionali. Iniziativa di lotta e iniziativa di governo sono inscindibili.
Se  l’obiettivo principale per l’area Livorno-Collesalvetti è l’occupazione,dobbiamo guardare ad essa come un sistema unico che fa perno sull’integrazione porto-logistica-manifatturiero-servizi. La Livorno moderna nasce attorno al suo porto, il suo sviluppo industriale nasce dal suo porto. Il rilancio del manifatturiero,di un nuovo manifatturiero, a favore dell’ occupazione, non solo per la nostra area, ma per la Toscana parte dalla capacità di rinnovare questa vocazione che è legata al suo carattere commerciale.. Questo uno degli assunti più felici della stesso Piano regionale di sviluppo.  L’aspirazione di rappresentare il lavoro,come oggi concretamente si manifesta,deve portare la nostra attenzione alle politiche e ai Servizi del Lavoro.
Riconosciamo che nella nostra cultura c’è una sottovalutazione di questi temi come quelli connessi della formazione; e ciò è un errore perché è un elemento di democrazia il governo delle forme con cui si accede al mercato del lavoro e nel vuoto della nostra attenzione si addensano grumi di interessi e di intrecci che configurano una vera e propria questione morale. Questo grumo ha costituito anche un cuneo della stessa unità sindacale.  La riforma della Fornero affronta, negli ultimi articoli del disegno di legge presentato il 4 aprile, anche il tema della revisione delle politiche attive e dei servizi pubblici per l’impiego, ma dimentica un elemento fondamentale, cioè chi sarà chiamato a gestirli..forse perché pensa in continuità con Sacconi che debbano essere i privati. Non è una questione di poco conto questa assenza Il disegno di legge si è sforzato di fissare livelli essenziali delle prestazioni concernenti i servizi per l’impiego, puntando in particolare su azioni intensive e frequenti di ricerca di lavoro per i percettori di ammortizzatori sociali, su un sistema premiante che incentivi i servizi per l’impiego a rispettare i livelli essenziali, allo scopo di accedere ai finanziamenti del Fondo sociale europeo, su interrelazioni più efficienti e dirette con le banche dati dell’Inps (inserito tra le amministrazioni pubbliche autorizzate ex legge all’intermediazione).    Risulta, però, chiaro che se non è noto il soggetto chiamato a realizzare i Servizi per il lavoro, le indicazioni di maggiore efficienza e tensione ai risultati rischiano di rimanere lettera morta..
Basti, ad esempio, pensare che i collegamenti telematici tra Inps e Servizi per l’impiego richiesti dalla riforma non possono ovviamente essere creati se non si conosce quale sia uno dei due terminali dell’imputazione e lettura dei dati. Insomma, l’accelerazione sulla riforma del mercato del lavoro dovrebbe indurre governo e Parlamento a una simmetrica velocizzazione delle decisioni in merito al destino delle Province, attuali titolari delle competenze pubbliche in tema di mercato del lavoro.   Attualmente, vigente la confusa norma sulle Province contenuta nel “salva Italia” l’incidenza della riforma rimane sostanzialmente monca. Non si deve dimenticare che obiettivo del decreto “salva Italia” è privare le Province di tutte le competenze (con l’eccezione di quelle di indirizzo e coordinamento) indicando che esse debbano andare, sulla base di leggi regionali o statali, ai Comuni o alle Regioni.
Non è utile liquidare il problema della sottrazione alle Province delle funzioni in tema di mercato del lavoro (consolidate dopo oltre un decennio di investimenti ingenti e dura formazione), limitandosi ad affermare che qualche altro ente “comunque” le garantirà. Le due soluzioni alternative proposte dal “salva Italia”, non sono indifferenti. Sminuzzare le funzioni oggi svolte dai centri per l’impiego delle province, operanti nell’ambito di precise circoscrizioni territoriali sovra-comunali, fa correre il rischio di polverizzare l’organizzazione e disperdere il personale e le professionalità maturate. Assegnare le funzioni legate al mercato del lavoro alle Regioni, se queste avessero l’intenzione di creare circoscrizioni di livello provinciale all’interno delle quali mantenere il disegno sovra-comunale dei centri per l’impiego e mantenendo il personale già formato, potrebbe assicurare il minimo necessario di continuità e la base per poi pensare a una riconversione e a un ripensamento. Indubbiamente, a questo punto occorre decidere in fretta. Anche verificando la fattibilità di altre due opzioni. Una è lasciare alle Province la gestione del mercato del lavoro. Nonostante il “salva Italia” è ancora in piedi il dibattito in Parlamento sul destino delle Province e si ipotizza la possibilità di lasciare comunque loro tutte le funzioni “fondamentali” indicate dalla legge delega sul federalismo fiscale (42/2009), tra le quali c’è appunto quella relativa al mercato del lavoro, per il quale sono già stati tracciati dalle Province i fabbisogni standard. Sicché, oltre ai livelli essenziali delle prestazioni, è possibile definire anche in fretta standard di costo delle prestazioni stesse. La quarta possibilità è quella di unificare la funzione di promozione delle politiche attive, con quella di erogazione degli ammortizzatori sociali connessi alle tutele che si stabilirà di assicurare ai lavoratori.
Per effetto delle riforme degli anni Novanta, il sistema pubblico del lavoro è risultato organizzato su troppi livelli decisionali e organizzativi: il Ministero, le Direzioni provinciali del Lavoro (competenti per le conciliazioni e gli ispettorati, prevalentemente), le Regioni (con compiti di coordinamento e in parte anche organizzativi), le Province, le Agenzie nazionali (Italia Lavoro, Formez, Isfol), le Agenzie regionali, l’Inps che eroga i sussidi. Uno dei principi alla base del sistema di tutele per i lavoratori è quello di condizionare la percezione di ammortizzatori allo svolgimento di attività di concreta ricerca attiva di lavoro o di formazione. Ma il disoccupato concorda queste attività con le Province, ottenendo, però, il pagamento dei sussidi dall’Inps. Il disoccupato, per essere inserito come tale nelle banche dati, deve rilasciare la “dichiarazione di immediata disponibilità” (Did) alla ricerca attiva di lavoro ai centri per l’impiego; ma deve rilasciarne un’altra all’Inps, per chiedere le prestazioni previdenziali. E’ ovvio che una razionalizzazione si impone. Sono temi e riflessioni che consegniamo al Governo ed al Consiglio regionale insieme a quelli delle politiche passive,così si chiamano,del lavoro. La cassa in deroga è stato un atto di creativa fantasia normativa, dopo la Fornero a fronte del ripensamento che sui tirocini credo si dovrà operare, siamo chiamati a nuova creatività per dare risposte al colpo sugli ammortizzatori sociali.

 

 

* Membro del Coordinamento della Federazione della Sinistra Livorno