UNIRE LA SINISTRA

UNIRE LA SINISTRA D’ALTERNATIVA, USCIRE DAL CAPITALISMO IN CRISI (sintesi Documento 1 a cura della Commissione di scrittura)
1 – ATTUALITA’ DEL COMUNISMO E NECESSITA’ DELLA  RIFONDAZIONE COMUNISTA
Il carattere distruttivo del capitalismo odierno e la sua crisi ripropongono con forza l’alternativa socialismo o barbarie. Rompere la gabbia dei rapporti sociali capitalistici è quindi un’urgenza per l’umanità ed è ciò che noi chiamiamo l’attualità del comunismo.
La nostra proposta strategica è quindi l’alternativa di società. Per uscire dal capitalismo in crisi e dal patriarcato, c’è molta strada da fare. In primo luogo occorre ripartire dal pensiero di Marx, basato sulla “critica dell’economia politica”, per svelare il carattere non oggettivo dei rapporti sociali capitalistici e della crisi in corso. Infatti è in crisi il neoliberismo ma non l’egemonia dell’ideologia reazionaria che ne ha accompagnato l’affermazione. L’esempio latinoamericano ci dice che, per superare la situazione contraddittoria in cui operiamo, è necessario partire dal movimento e costruire un nuovo immaginario in grado di presentare la trasformazione radicale dello stato di cose presenti, come una prospettiva auspicabile per i soggetti che lottano per la libertà e la giustizia. E’ quello che noi  chiamiamo processo della rifondazione comunista.
Questo è il presupposto per cambiare la realtà in cui viviamo, ma anche un cambiamento nostro. Un cambiamento che nasce dall’internità ai movimenti sociali e dalla costruzione di una soggettività di massa anticapitalista. Il compito dei comunisti e delle comuniste non si esaurisce nell’analizzare o peggio nel contemplare il maturare delle contraddizioni di questa crisi. Al contrario si sostanzia nella partecipazione ai movimenti di lotta e nell’azione diretta all’unificazione degli stessi.
Al di là del necessario bilancio storico, politico e ideale che è ancora largamente da compiere, è proprio dalla dialettica tra la validità dell’ottobre e il fallimento dei tentativi di transizione che emerge la necessità strategica della rifondazione di un pensiero, di una pratica e di una politica comunista.

Il comunismo  a cui facciamo riferimento è un comunismo di società, legato alla democratizzazione della vita quotidiana, che parte dalla gestione democratica della socializzazione dei mezzi di produzione per arrivare alla piena libertà e dignità degli individui e porta con sé il ridisegno delle relazioni tra le persone e tra la società e la natura. Noi riteniamo che oggi sia aperta questa possibilità e questa necessità: la possibilità di liberare i rapporti sociali dal loro involucro capitalistico e nel contempo la necessità di fare questo per evitare la barbarie che la crisi del capitale produce.
A partire da queste riflessioni riteniamo utile aprire una discussione e un confronto con le forze politiche e le soggettività che si richiamano al comunismo.

2 – L’ANALISI DELLA CRISI.
Il contesto in cui operiamo è quello di una crisi strutturale del capitalismo. Assistiamo alla crisi irreversibile delle forme concrete con cui il capitale si era ristrutturato, a partire dagli anni ’70, per contrastare la caduta del saggio medio del profitto e la sua perdita di egemonia. L’espansione enorme della speculazione finanziaria, che ha determinato una vera e propria trasformazione qualitativa del capitalismo, non è quindi una patologia. E’ la forma concreta con cui il capitale ha contraddittoriamente cercato di rispondere ai propri problemi di valorizzazione, contrastando le domande di trasformazione sociale e si dimostra oggi irriformabile.
In questo contesto l’Europa di Maastricht spicca come la patria del neoliberismo applicato, sia per quanto riguarda lo statuto della BCE che dal punto di vista delle politiche economiche, sociali e finanziarie. Proprio l’esistenza del welfare e dell’intervento pubblico in economia  – che hanno caratterizzato il modello sociale europeo nel secondo dopoguerra – sono considerati dalle classi dominanti ostacoli da rimuovere sulla via della competitività globale. Su questa strada è avvenuto il suicidio del riformismo europeo che con l’implementazione e la firma dei trattati commerciali in sede Gatt e poi WTO ha costruito le basi materiali per passare dal modello sociale includente a quello escludente, con conseguente crisi delle sinistre socialdemocratiche.
Nella corso della crisi, in Europa, è avvenuto un vero e proprio colpo di stato monetario che tende a sottomettere completamente le scelte politiche dei diversi stati alle decisioni europee – egemonizzate dalla Germania – e della BCE. In questa situazione vi è purtroppo una rilevante sintonia tra popolari, liberali e socialisti, che pur avendo differenze in merito alla redistribuzione del reddito dalle rendite finanziarie verso i redditi dal lavoro, in nessun modo mettono in discussione il rapporto tra Europa e globalizzazione o l’impianto neoliberista delle istituzioni europee.
La crisi è esplosa nel nostro Paese, in una situazione economica e sociale peggiore rispetto a quella dei principali paesi europei.    La situazione appare particolarmente critica per quel che riguarda la destrutturazione dell’apparato industriale, i livelli salariali e gli strumenti di protezione sociale, la polarizzazione tra Nord e Sud del Paese, le asimmetrie tra i generi e le generazioni.
La corruzione ha dilagato e la funzione dei partiti, prevista dalla Costituzione è degenerata rapidamente. Va posta al Paese la “questione morale” come inscindibilmente connessa con il tema dell’alternativa.
La nostra proposta politica di fase è quindi  l’uscita a sinistra dalla crisi nella direzione di un’alternativa di società. Questo significa indicare concretamente la strada per uscire dalla crisi facendo i conti fino in fondo con i processi che sul terreno economico, sociale e istituzionale hanno segnato il nostro Paese negli ultimi trent’anni, dando quindi una risposta da sinistra alla crisi della Seconda Repubblica.  Perché alla crisi costituente si risponde con un’opposizione costituente.
La domanda di cambiamento attraversa la società italiana si è espressa con nettezza nei referendum e con altrettanta nettezza alle elezioni amministrative, che hanno sconfitto un altro dogma di questi anni: quello per cui si vince al centro nella perpetua rincorsa al voto “moderato”, nell’omogeneizzazione degli schieramenti.
La domanda di trasformazione sociale che è presente nel paese è forte. Questa attraversa fortemente la base del Pd e in generale del nuovo Ulivo, che è generalmente più a sinistra dei gruppi dirigenti. Su punti come la patrimoniale, la precarietà, la guerra e le spese militari, questa contraddizione è palese e visibilissima. La stessa piattaforma della Cgil sulle questioni economiche e sociali è radicalmente diversa e più avanzata delle proposte che l’opposizione avanza in parlamento.
Questa contraddittorietà – che la dice lunga sul carattere coercitivo ed “innaturale” del sistema bipolare in Italia – è all’origine di un singolare fenomeno, in cui il centrosinistra, che è fatto oggetto di forti aspettative di cambiamento nelle fasi di opposizione ma determina poi rapidamente elementi di frustrazione quando va al governo. Vi è una palese contraddizione tra la domanda sociale rivolta al centro sinistra e il progetto politico dello stesso. Infatti il centro sinistra ha fallito in Italia, sia nella prima che nella seconda esperienza di governo. Nelle elezioni che si sono succedute dopo quelle esperienze, la vittoria delle destre è stata schiacciante. In questo fallimento siamo stati travolti anche noi che avevamo sbagliato nella valutazione dei rapporti di forza e sopravvalutato la permeabilità del centro sinistra ai movimenti, la cogenza del programma condiviso.
3 – IL NOSTRO PROGETTO POLITICO
Il nostro progetto di fondo, la nostra ragion d’essere, è l’alternativa di società. Siamo uomini e donne che si battono per la fuoriuscita dal capitalismo e dal patriarcato in direzione di una società comunista. Questo progetto si articola concretamente, in questa fase storica, nella lotta per l’uscita a sinistra dalla crisi. Riteniamo infatti che questa proposta corrisponda oggi agli interessi delle classi lavoratrici e della maggioranza della popolazione e vogliamo operare affinché diventi consapevolezza di massa.
Costruire l’opposizione
In primo luogo occorre quindi operare per costruire una vasta ed articolata opposizione di massa alle politiche neoliberiste attuate dal governo, dal padronato e dalle direttive europee. Una vasta opposizione democratica e di massa che si pongo l’obiettivo della cacciata del governo e che partendo dalle questioni concrete sia sul piano sociale che su quello politico-istituzionale sedimenti una soggettività di massa antiliberista.
Un fronte democratico per cacciare Berlusconi.
Ci proponiamo quindi l’obiettivo di far cadere da sinistra Berlusconi e chiediamo le elezioni anticipate, opponendoci nettamente ad ogni ipotesi di governo tecnico di transizione che sarebbe unicamente espressione dei poteri forti.
Nel quadro dell’attuale legge elettorale maggioritaria proponiamo quindi di dar vita ad un Fronte democratico tra le forze di sinistra e di centro sinistra per sconfiggere le destre e porre condizioni migliori per difendere e rilanciare la democrazia e la Costituzione, contrastare gli effetti sociali negativi della crisi e superare il bipolarismo. Il contrasto radicale alle destre è infatti costitutivo del profilo politico e culturale di Rifondazione Comunista. Non possiamo però rimuovere gli elementi di giudizio e valutazione sul Pd e sul progetto di Nuovo Ulivo. Questi confermano l’ipotesi delle due sinistre e motivano la nostra valutazione di impraticabilità, nell’attuale fase politica, di un accordo di governo.
In questo quadro, non riteniamo centrali le primarie per la scelta del capo del governo, che introiettano le distorsioni del maggioritario e del presidenzialismo e che affrontano le questioni di contenuto come sottoprodotto della definizione del leader.
Riteniamo invece decisivo il coinvolgimento dei movimenti, delle associazioni, dei lavoratori, dei tanti comitati che innervano il tessuto democratico del Paese e che hanno sostenuto l’opposizione al governo. E’ dentro quel campo largo che deve essere raccolta e alimentata la sfida sulle idee e i programmi per battere le destre, un campo in cui il popolo antiberlusconiano esprime contenuti molto più avanzati di quelli delle rappresentanze politiche: dalla guerra alla patrimoniale alla tutela del lavoro, ai diritti civili, per non fare che alcuni esempi. Questo è il terreno di sfida che vogliamo praticare. Proponiamo le primarie di programma non per determinare i rapporti tra noi e il nuovo Ulivo ma come condizione più favorevole per le domande sociali di incidere sullo schieramento antiberlusconiano. Avanziamo questa proposta sapendo che la sconfitta di Berlusconi non coincide con la costruzione dell’alternativa, perché l’indirizzo politico maggioritario del centrosinistra non si pone l’obiettivo di fuoriuscire dalle politiche neoliberiste. Questa analisi deve essere la nostra bussola, non un impedimento al pieno dispiegarsi di una nostra offensiva politica unitaria sui contenuti da immettere nel fronte anti-berlusconiano.
Per un movimento di massa antiliberista.
Come abbiamo sottolineato, la cacciata di Berlusconi non risolve il tema dell’uscita a sinistra dalla crisi. Occorre costruire un’opposizione di massa alle politiche neoliberiste, italiane ed europee, uscendo dai confini asfittici della dimensione nazionale e superando i limiti di un antiberlusconismo interclassista.
Contribuire alla costruzione di un movimento di massa anticapitalista, radicato nel Paese ma con forti legami a livello europeo e mondiale, è quindi il secondo obiettivo che ci poniamo. La manifestazione del 15 ottobre, che non può essere appiattita sugli episodi di violenza inaccettabili quanto dannosi per il movimento, ci parla di questa possibilità. Occorre quindi operare per estendere i movimenti e qualificarne la piattaforma in senso antiliberista. La costruzione del movimento deve mantenere una piena autonomia dal quadro politico e dal governo, non può avere un unico punto di riferimento politico o non può avere governi amici da sostenere. Avanziamo questa riflessione anche a partire da una valutazione autocritica del ruolo che Rifondazione Comunista ha svolto – dopo il referendum sull’articolo 18 – nei confronti della possibilità di consolidare un forte movimento antiliberista dopo Genova.  La costruzione del movimento non può essere storpiato dalle storture del bipolarismo coatto che – anche per questo – vogliamo superare. Dobbiamo rovesciare la crisi costituente nell’opposizione costituente di una nuova soggettività anticapitalistica.
Costituente dei beni comuni e del lavoro
Nel quadro del movimento antiliberista avanziamo la proposta di costruire una Costituente dei Beni Comuni e del Lavoro. Un progetto politico di aggregazione di tutti coloro che ritengono i beni comuni e la liberazione del lavoro la strada attraverso cui superare la mercificazione delle cose e dei rapporti sociali. Rivolgiamo questa proposta agli animatori dei principali movimenti, nella consapevolezza che si tratta di un passaggio politico: il passaggio da movimenti unificati dal comune avversario ad un conflitto contro la gestione capitalistica della crisi è tutto da fare e necessita l’individuazione degli obiettivi intermedi ma anche la costruzione di una lettura anticapitalista della crisi.
Il termine “Costituente” indica quindi un passo in avanti rispetto alla dimensione del movimento sia in termini organizzativi sia in termini di consapevolezza e di definizione degli obiettivi. Proponiamo quindi la Costituente dei beni comuni e del lavoro come “istituzione di movimento” che, a partire da obiettivi chiari, sappia confrontarsi con il sistema istituzionale senza esserne trasfigurata.
L’unità della sinistra di alternativa.
In tutta Europa si evidenzia il permanere e per certi versi l’approfondirsi delle differenze tra le due sinistre e sono in corso processi di aggregazione della sinistra di alternativa. Anche in Italia occorre aggregare la sinistra di alternativa, in sinergia con il movimento di massa, con la Costituente dei beni comuni e del lavoro, con l’impegno della Federazione della Sinistra. L’esperienza di questi anni ci insegna che senza la sinistra politica non c’è opposizione efficace, né politica né sociale, giacché neppure l’opposizione sociale, pure così radicale e attiva in questo ultimo anno, riesce a riaprire il terreno dell’alternativa. Per questo, nell’ambito del movimento di massa anticapitalista, proponiamo un percorso unitario per costruire un polo politico autonomo della sinistra di alternativa. E’ infatti necessario superare l’attuale dispersione e frantumazione che incide assai negativamente sull’efficacia e sulla credibilità della nostra azione. Avanziamo questa proposta a tutte le formazioni politiche della sinistra di alternativa, così come alle compagne e ai compagni dei movimenti che, variamente organizzati, si pongono la necessità politica di costruire una sinistra degna di questo nome. In particolare, riteniamo che la soggettività delle lavoratrici e dei lavoratori, la loro organizzazione, il concreto manifestarsi della lotta di classe, rappresentino un elemento decisivo per l’esistenza della sinistra di alternativa.
Nel ritenere Rifondazione comunista necessaria per l’oggi e per il domani avanziamo quindi una proposta unitaria, federata, volta ad archiviare una stagione di scissioni che abbiamo subito e che hanno inciso negativamente sulla credibilità della sinistra, impedendole di operare come efficace volano di una lotta di massa fondata sulla connessione tra anticapitalismo, critica al patriarcato, riconversione ambientale e sociale dell’economia, antirazzismo, pacifismo, solidarietà internazionale, lotta contro l’omofobia,critica della politica come attività separata e del bipolarismo. Va riedificato l’agire collettivo, attivando le forme della democrazia partecipativa, reinventando le relazioni tra movimenti e partito, facendo coesistere esperienze diverse disposte a riconoscersi reciprocamente, praticando esperienze di democrazia diretta a partire dall’uso dello strumento del referendum come è accaduto nella straordinaria esperienza di quelli sull’acqua e nucleare.

La Federazione della Sinistra.
Nella prospettiva di costruzione di un polo autonomo della sinistra di alternativa abbiamo dato vita alla Federazione della Sinistra, consapevoli di fare un primo ma indispensabile passo. Una scelta unitaria compiuta proprio mentre subivamo l’ennesima scissione, giacché riteniamo che non si costruisce unità a sinistra attraverso rotture, e perché riteniamo che il patrimonio di militanza, saperi ed indirizzo politico di Rifondazione Comunista sia fondamentale per una prospettiva di sinistra e anticapitalista nel Paese. Come abbiamo detto, il nostro obiettivo di fase è la costruzione di un polo politico autonomo della sinistra di alternativa. Proponiamo quindi a tutti coloro che fanno parte della Federazione della Sinistra di agire in questa direzione e di operare affinché la Federazione possa essere strumento utile a questo obiettivo. La Federazione, così come essa oggi è, non rappresenta certo la tappa conclusiva dell’aggregazione della sinistra di alternativa. Siamo consapevoli di tutti i limiti della Federazione: di funzionamento, di radicamento sui territori, di democrazia e relativi alle diversità politiche che l’attraversano. Così come riconosciamo le nostre responsabilità a proposito. Ci è ben chiaro che larga parte degli uomini e delle donne di sinistra così come moltissime soggettività che si pongono il problema di costruire una sinistra di alternativa oggi in Italia non fanno parte della Federazione. Anche per questo ci poniamo l’obiettivo di allargare la Federazione, qualificandone il lavoro politico e democratizzandone il funzionamento.
Riteniamo infatti che il tema dell’unità a sinistra oggi, lungi dal declinarsi nella forma di nuovi partiti, che si risolvono in nuove scissioni  trovi nella forma federativa il suo punto più avanzato. La forma della federazione permette di mettere in comune la sostanza delle cose che ci uniscono evitando di riprodurre laceranti divisioni o addirittura scissioni sulle cose che ci dividono. Riteniamo quindi necessario operare per superare i limiti della Federazione, al fine di realizzare il comune obiettivo che ci siamo dati nel suo congresso costitutivo. In quella sede abbiamo infatti deciso che: “E’ un soggetto politico e sociale che vive e trae alimento dalle risorse ideali e umane delle diverse soggettività politiche che costituiscono la Federazione, senza presupporre né implicare lo scioglimento dei partiti esistenti e delle associazioni che decidono di farne parte, superando i limiti già verificati della dinamica scioglimento dei partiti esistenti – costituzione dei nuovi partiti”. In particolare dobbiamo dare corso fino in fondo alla decisione espressa nel documento congressuale che recita “la Federazione della Sinistra decide di presentarsi unitariamente, come soggetto politico, con il proprio simbolo, alle elezioni a tutti i livelli, sulla base della ispirazione e del programma condivisi, e di assumere democraticamente, in modo vincolante per tute e tutti, le decisioni relative alla partecipazione elettorale e le regole per la vita delle proprie rappresentanze istituzionali”.
A partire dall’impegno nella costruzione e del miglioramento della Federazione, siamo quindi perfettamente consapevoli che il tema della costruzione di un soggetto politico della sinistra di alternativa non è oggi un dato acquisito, ma sta davanti a noi come compito politico di fase.
4 – IL PROGRAMMA NEL QUADRO EUROPEO
In questo contesto decisivo è il livello europeo. Per questo, la costruzione di un efficace partito della Sinistra Europea non è quindi per noi questione di politica estera, ma punto decisivo della possibilità di costruire una risposta da sinistra alla crisi costituente del capitale. Il quadro in cui avanziamo il nostro programma è quindi dato dall’obiettivo di modificare i trattati di Maastricht e lo statuto della BCE, dalla proposta di una forte tassazione delle transazioni finanziarie speculative e dalla messa in discussione degli accordi GATT e WTO, cioè dell’attuale conformazione della globalizzazione neoliberista.
Se queste modifiche non dovessero determinarsi proponiamo che l’Italia ristrutturi il debito, garantendo per intero i piccoli risparmiatori e allungando unilateralmente i tempi di restituzione e la definizione delle cifre da restituire alle grandi finanziarie, cioè agli speculatori.
Il programma – che non possiamo qui riassumere – non può che essere per noi un terreno di ricerca aperto, la cui definizione va oltre questo congresso. Aperto al rapporto con tutte le soggettività sociali e di movimento poiché non esiste rivendicazione od obiettivo che possa vivere se non si incarna in movimenti e conflitti reali e nella ricostruzione di un nuovo spazio pubblico. Aperto all’interlocuzione con i saperi sociali diffusi e con il mondo della cultura. Aperto al confronto a sinistra, per costruire un polo della sinistra di alternativa.
Questa ricerca vuole mettere in connessione la necessità di dare risposta alle contraddizioni della crisi del capitalismo globalizzato nella riattualizzazione di un’alternativa di sistema, con l’individuazione della parole d’ordine capaci di rompere qui ed ora il senso di impotenza che rischia di essere l’elemento sovradeterminante.
5 – IL PARTITO: LA “RIFONDAZIONE DELLA RIFONDAZIONE”
Dalle cose sin qui espresse risulta evidente che il Partito della Rifondazione Comunista ha un ruolo indispensabile nel progetto di aggregazione delle soggettività e nell’individuazione del progetto di costruzione dell’alternativa di società. Nel contempo le nostre forze sono insufficienti ed anche per questo poniamo il tema dell’unità della sinistra di alternativa al centro del nostro progetto.
Merito fondamentale degli iscritti e delle iscritte, del quadro attivo è l’aver impedito la liquidazione dell’esperienza di Rifondazione Comunista. Ciononostante, dopo il Congresso di Chianciano, anche a seguito della scissione e al conseguente dimezzamento della consistenza numerica del partito, i problemi della vita interna non sono stati ancora superati. A vent’anni dalla nascita, siamo in una situazione di grande fragilità se non di crisi. Accanto a realtà territoriali caratterizzate da una positiva ripresa del lavoro politico, permangono situazioni di grave difficoltà. Così come il nostro oscuramento mediatico pesa non poco sul lavoro quotidiano dei compagni e delle compagne. Da questa condizione di debolezza dobbiamo partire, sapendo che si tratta di un problema politico, culturale e organizzativo. Occorre superare la cristallizzazione di correnti strutturate che costituiscono oggi un limite pesante nell’elaborazione politica e nell’azione del partito. Il correntismo esasperato si traduce spesso in cordate in cui la fedeltà alla corrente e al capo corrente ha il sopravvento sul resto, mortificando competenze, entusiasmi, capacità di fare. Occorre quindi rompere il monopolio correntizio che attanaglia la vita di rifondazione comunista a partire dalla scelta dei gruppi dirigenti nel prossimo congresso.. Per uscire da questa situazione la democrazia è il punto fondamentale di svolta e noi riteniamo che il convegno di Carrara abbia tracciato le linee di autoriforma del partito. Si tratta di applicare quelle decisioni, che al contrario sono rimaste lettera morta in questi anni.
Il punto di fondo è costruire un partito che sappia vivere, discutere e svilupparsi senza essere deformato da una centralità assorbente del piano istituzionale. Non perché questa non abbia una grande rilevanza politica – al contrario – ma perché il bipolarismo costituisce una condizione istituzionale funzionale alla distruzione delle forze politiche antisistema, noi dobbiamo conquistare un grado di autonomia strategica dal bipolarismo che permetta di fare politica senza esserne fagocitati. A partire dall’analisi e dalle proposte politiche che abbiamo avanzato nel documento, si tratta allora di impostare una “rifondazione della rifondazione” sui seguenti indirizzi:
Riorganizzazione complessiva del suo funzionamento concreto a tutti i livelli: dai circoli agli organismi dirigenti locali e nazionali, alla formazione dei quadri alla riorganizzazione della comunicazione e dell’autofinanziamento.
Capacità del partito di strutturarsi nel lavoro di inchiesta, internità ai movimenti e costruzione di strutture di mutualismo e solidarietà. Si tratta cioè di costruire un partito che mostri concretamente la sua utilità sociale e la sua internità alle esperienze di massa di percorsi di difesa e autorganizzazione di fronte alla crisi. Noi dobbiamo affiancare alla costruzione dei conflitti e alla lotta per la difesa di un welfare pubblico che garantisca l’universalismo dei diritti, forme di mutualismo e di autotutela dei soggetti colpiti dalla crisi. In questo senso le pratiche del partito sociale, cioè l’autorganizzazione delle forme di tutela del quotidiano, sono parte costitutiva della pratica politica comunista oggi.
Capacità del partito di fare una più netta battaglia culturale. Dalla critica dell’economia politica e alla battaglia politico culturale sulla storia del paese e alla riproposizione dell’antifascismo e della battaglia contro il patriarcato come temi di fondo della costruzione si un movimento di trasformazione. Vogliamo quindi costruire un partito in grado di fare una analisi critica del capitalismo oggi, di avere un progetto di trasformazione, di fare battaglia culturale, di organizzare lotte e strumenti di autorganizzazione sociale. Un partito intellettuale collettivo che si pongo l’obiettivo di aggregare le avanguardie di lotta presenti nei diversi movimenti e di essere punto di riferimento per il precariato intellettuale diffuso. Un partito che sia in grado di coltivare la speranza e di farla diventare forza materiale di trasformazione.