Voglio un partito così

di Elena Ulivieri

Qualche settimana fa sono uscita a cena con la compagna Martina. Avevamo deciso di recarci assieme al Gas, (gruppo di acquisto solidale, quello con le verdurine fresche biologiche, i formaggi e il latte, la ricotta e lo yoghurt prodotti da agricoltori locali; quello della “spesa a chilometri zero” e dell’agricoltura omeodinamica) che si riunisce ogni mercoledì presso la sede di un centro sociale in periferia vicino al periferico paese dove abitiamo. Abbiamo scelto una pizzeria molto popolare e altrettanto economica, a metà strada tra casa e Gas. In quell’occasione ho proposto a Martina di prendere la tessera di Rifondazione Comunista. Mi immaginavo che mi avrebbe detto di no, così, quando lei mi ha detto di no, ho amaramente precisato che per me era importante chiederglielo, più che ottenere una risposta positiva.

Voglio un partito per cui poter insistere.

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I veri nodi in gioco nell’agenda di Rifondazione

di Alberto Burgio

su Il Manifesto del 04/06/2008

Se Rifondazione comunista non riesce a essere sede di un «lavoro comune di indagine e proposta» per l’elaborazione di una «visione comune» alle forze della sinistra; se non riprende il cammino della Sinistra Arcobaleno, bruscamente interrotto dalla disfatta elettorale, allora il suo travaglio è sterile e insignificante. In questo caso, «che ci importa del suo congresso?». Così Rossana Rossanda chiude la sua lettera a Rifondazione (il manifesto, 17 maggio 2008). Provo a rispondere non eludendo la questione. Cruciale, ma alquanto dilemmatica.

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Un confronto tra culture politiche

di Alberto Burgio

su Liberazione del 03/06/2008

Qualcuno, anche nel Partito, ama rappresentare il nostro dibattito congressuale come una faida. E fa perciò largo dispendio di accuse e caricature. Non è bello ma non meraviglia. Anche questo è un portato della crisi. E’ tuttavia un peccato, per una ragione ben precisa: lo scambio di accuse oscura quanto di più interessante c’è in questo confronto.
Io sono tra quanti ritengono che il principale tema politico del Congresso sia: salvare o sciogliere Rifondazione Comunista? Trovo perciò molto discutibile (anche se credo di comprenderne le ragioni) che cerchi di rimuovere questo tema proprio chi, prima del disastro del 14 aprile (e persino dopo), si è mosso con determinazione lungo l’”irreversibile” percorso del “superamento” del Partito, salvo poi vedersi costretto a frenare dalla disfatta elettorale. Penso però che questo tema, indubbiamente cruciale, non esaurisca la discussione congressuale e forse non ne costituisca nemmeno il cuore.

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Segretario del Partito o Partito del Segretario?

di Enzo Jorfida

E’ questo l’interrogativo che sorge quando si assiste alla personalizzazione della politica. E mentre nel primo caso la Politica si scrive con la “P”,nel secondo caso la scrivo con la“p”. L’americanizzazione del modo di fare politica sta anche in queste modalità. Tutto dipende dal “capo”,anche il Partito, che così non cresce, diventa solo un”ripetitore” del verbo del “capo”.
Si vuol far passare l’idea, già presente nel corpo elettorale sia di destra che di centro, che quando il “popolo” vota. si tratti di un Comune, di una Regione o Provincia, dello Stato o di un Partito, non ha importanza il “collettivo” (consiglio comunale, provinciale o regionale, del Parlamento o di un organismo di Partito) ma bensì l’individuo che sarà posto al vertice di quell’organismo collettivo, che nei fatti viene depauperato dei suoi compiti, prerogative, piccole o grandi che siano.
Il “comune” scompare e prevale, solo e in solitudine,“l’io”.
No, non è questo quello che abbiamo deciso al momento di costituire il PRC, prima Movimento per la Rifondazione Comunista e poi Partito della Rifondazione Comunista.

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La riunificazione dei comunisti: un processo auspicabile

di Leonardo Masella

su Liberazione del 29/05/2008

L’autocritica che Ferrero fa sul Congresso di Venezia nell’intervista a Liberazione del 16 maggio («l’errore fondamentale fu aver sbagliato l’analisi dei rapporti di forza») è apprezzabile ma insufficiente. Non si è trattato di un “errore”, tutti sapevano che non vi erano i rapporti di forza. L’obiettivo vero dell’ingresso nel governo non era quello di cambiare la società ma la natura del partito, spegnendo l’antagonismo storico del Prc al capitalismo per portarlo all’avvicinamento e poi alla fusione con quelle componenti di sinistra, socialdemocratiche e ingraiane dei Ds (da Folena, a Tortorella, a Mussi, a Occhetto) con le quali il Prc aveva rotto dopo lo scioglimento del Pci. Il rifiuto di uscire dal governo anche di fronte a provvedimenti odiosi non si spiega se non con il rifiuto di rompere quel progetto, che infatti ora è perseguito ancora, costi ciò che costi, dall’area di Vendola.

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Caro Vendola, chiunque vinca, impegnamoci a una gestione unitaria

di Claudio Grassi

da Liberazione del 28 maggio 2008

Caro Nichi Vendola,
anch’io penso che, dopo il disastroso risultato elettorale del 13 e 14 aprile, il modo con il quale stiamo affrontando questo congresso possa essere fatale per il nostro partito. Anche a me non piacciono le “conte interne” e la denigrazione delle posizioni che non si condividono. Soffro anch’io nel vedere il mio partito piegato, ancora una volta, in una lacerante lotta interna anziché in una lotta di tutti noi contro le destre e i padroni. Non accetto assolutamente che il confronto diventi scontro personale, denigrazione, processo alle intenzioni, odio. Tu fai un lungo elenco di accuse che ti sarebbero state rivolte e che sarebbero false, offensive, non “da compagni”. Ti senti ferito, provi dolore. Hai ragione, ma questo vale per tutti, anche per me. E non da oggi.

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