La sinistra si pesa sulla bilancia del lavoro

 

  • di Alberto Burgio *

 

 

Capire che cosa è accaduto nel nostro campo per dare radici alla ricostruzione dopo lo tsunami Diritti,rappresentanza formazione, welfare: punti per un bilancio sugli errori dell’ultimo ventennio del paese
Alla fine le Camere hanno eletto i propri presidenti, ma sullo sfondo campeggiano altri enigmi. Chi siederà a palazzo Chigi? Chi, soprattutto, al Quirinale, di qui al 2020? Si brancola nel buio. E proprio per ciò che attiene alla presidenza della Repubblica il «passo indietro» di Monti in Senato lascia intravedere scenari inquietanti. Nel frattempo si affoga.
Disoccupazione, povertà, sfiducia. Una moria inarrestabile di imprese industriali, artigiane e commerciali. Il debito pubblico alle stelle. Prima o poi il paese uscirà da quest’incubo, ma intanto siamo in un dannato pasticcio del quale non si vede la fine. In tutto questo è inevitabile chiedersi come saremo messi quando – presto o tardi – questa legislatura finirà. Il voto di febbraio è stato, si dice, un terremoto: speriamo non si intenda, con ciò, che possiamo star tranquilli. Non è detto che il peggio sia alle nostre spalle. È probabile, invece, che siamo appena all’inizio di una fase di grandi sconvolgimenti e che il paese rischia di brutto se non si avrà il coraggio e la lucidità di introdurre profondi cambiamenti. Cominciando proprio dal sistema politico e dalla sua drammatica crisi di rappresentatività, che è poi la vera causa dello tsunami grillino.
Forse bisognerebbe, innanzi tutto, cercare di capire perché ci ritroviamo in queste condizioni, e per questo occorrerebbe ripercorrere un po’ di storia. Qui cominciano le difficoltà, posto che ogni periodizzazione contiene un pezzo della tesi che si intende dimostrare. Ma in questo caso qualche criterio obiettivo c’è. Leggi tutto “La sinistra si pesa sulla bilancia del lavoro”

Undici tesi sul risultato elettorale

 

  • di Angelo d’Orsi

 

E ora? Mi aggiro in uno scenario che non mi piace: la fastidiosa sbornia dei vincitori; le grottesche giustificazioni dei perdenti; il silenzio imbarazzato di chi pronosticava tutt’altro esito; e, personalmente, tento di elaborare il lutto, essendo tra coloro che votavano sapendo di essere comunque sconfitti, al di là dei risultati specifici ottenuti dalle liste su cui avessero tracciato il loro segno. Sconfitto, in quanto nessuno dei contendenti esprimeva il mio pensiero, e soprattutto, anche chi sentivo più vicino, aveva scelto procedure e metodi all’insegna di una “vecchia politica” (non trasparente, non democratica, verticistica, e comunque battuta nelle urne) nella costruzione del progetto e nella definizione delle liste. E poiché non faccio il politico, di professione, bensì lo studioso, invece di imprecare, o gioire, o giustificare, provo a ragionare, sulle cause di quella che è comunque una sconfitta forse epocale della sinistra, o almeno di quello che finora abbiamo chiamato “sinistra”. E l’esito della mia riflessione è per me devastante. Mi sento solo, come non mai. Eppure le possibilità di vedere una luce esistono, almeno sul piano della mera logica. Con uno sforzo non indifferente, cerco di fare luce in questa nebbiosa situazione postelettorale. Chiedo aiuto al “Segretario fiorentino”, il grande Niccolò, ricordando che Il Principe – il capolavoro della teoria politica di tutti i tempi – fu da lui scritto esattamente mezzo millennio fa, sulla base dell’esperienza politica diretta, e sulla base della conoscenza della storia: le due fonti del pensiero di Machiavelli: un ausilio indispensabile ancora per riflettere sull’universo politico. E mi perdoni Marx, per il vezzo delle undici tesi.

Prima tesi. Non si sconfigge l’avversario diretto ignorandolo, o usando contro di lui il fioretto.
La campagna elettorale di Bersani, di Vendola, di Ingroia è stata minimalista, sia nelle forme, sia nel contenuto. Tutti e tre, e i loro alleati, sono caduti nell’errore di ostentare un atteggiamento di sicurezza sui risultati, ritenendo non solo fuori gioco Berlusconi, ma non attaccandolo neppure con energia. La campagna “bene educata” l’aveva già condotta Veltroni nella precedente tornata elettorale con i risultati disastrosi che conosciamo. Non si vince facendo le allusioni, le battutine, e nutrendo di metafore il proprio discorso. Ti devi presentare come avversario, non come socio e neppure come condomino. Specie in una contesa in cui l’avversario ti attacca in modo violento. Anzi, in una campagna elettorale l’avversario diventa nemico: e i nemici bisogna “spegnerli”, insegna Machiavelli. La rivoluzione non è un pranzo di gala (Mao), ma non lo è neppure una elezione in un momento drammatico come il presente della storia d’Italia. Ingroia, addirittura, ha commesso il solito errore (un errore storico della sinistra in Italia) di attaccare più spesso e con maggior foga sia i suoi possibili alleati (ossia coloro che poi a giorni alterni invitava all’alleanza), che il nemico n. 1, ossia Berlusconi. Bersani, ha posto sullo stesso piano il PDL e M5S. E ora, nelle lungaggini del trattativismo post-voto sembra essere ancora oscillante, tra i due poli.
In ogni caso è mancata a tutti i candidati del Centrosinistra l’aggressività necessaria, tanto più in una situazione catastrofica come la presente. Nessuno di loro ha saputo essere “lione”; ma, ahinoi, neppure “golpe”: né energia, né astuzia. Quello invece che hanno mostrato Berlusconi e Grillo (Monti era dal canto suo piuttosto patetico, e il Vaticano, massoneria e Confindustria non gli sono bastati a farlo decollare). Leggi tutto “Undici tesi sul risultato elettorale”

DEMOCRAZIA APPESA AD UN SOFTWARE

 

 

In viaggio tra influencer e troll nel complicato mondo dei commenti grillini pro e contro la fiducia. «On line il 90% dei contenuti è creato dal 10% degli utenti». La massima del marketing virale firmata Gianroberto Casaleggio ricorda e capovolge quel «Siamo il 99%», slogan lanciato dai movimenti Occupy in tutto il mondo

Una delle più note massime di Gianroberto Casaleggio – pubblicata sul suo sito 3 anni fa – recita così: «On line il 90% dei contenuti è creato dal 10% degli utenti. Questi utenti sono gli influencer». L’espressione non è sua, ma dell’esperto americano di marketing Paul Gillin, che l’ha coniata per primo. Aggiorna, se vogliamo, all’era della Rete, le vecchie ricerche anni ’50 del sociologo Paul Lazarsfeld, che osservò il ruolo degli opinion leader nella diffusione a due fasi della comunicazione mediatico-politica, e definì la loro «influenza», appunto.

«Gli influencer – continua Casaleggio – vanno valutati come asset strategici delle aziende». Hanno blog, postano video, sono attivi sui social network, e perciò possono convincere a vendere auto, telefonini, vacanze, pannolini. Come ben sa, aggiungiamo, chi si avventura sui siti che propongono «l’opinione degli utenti» a proposito di prodotti e servizi sul mercato: opinioni spesso finte, pagate, sollecitate secondo le regole del marketing virale. Nel post di Casaleggio sugli influencer non si fa cenno alla politica, e neppure al ruolo degli influencer nello spostare voti. Il fenomeno è entrato da qualche tempo nelle agende degli studiosi di comunicazione. Non andrebbe tuttavia dimenticato che un saggio sul legame tra marketing e politica lo diede Forza Italia nel 1993, che in mancanza di internet usò la rete dei venditori Publitalia per dare una struttura territoriale al movimento.
Il legame tra marketing e politica o – detta in altri termini – la questione della democrazia interna al moVimento, lo sappiamo, è quello che ha fatto storcere il naso a parecchi. Fino al giorno delle elezioni, questo genere di sospetti e ironie sono stati rilanciati e dibattuti ampiamente dalla Rete. Con scarso successo, si direbbe (e certamente con notevole sottovalutazione della profondità del fenomeno). Ma il dibattito non è certo finito e anzi attende i «grillini» alle loro prime mosse da cittadini eletti (vedi l’intervista a Wu Ming ieri su questo giornale). Lunedì prossimo i cittadini eletti del MoVimento si incontreranno a Roma con Grillo, Casaleggio e con lo «staff». Ecco una buona occasione per cercare di capire qualcosa di più concreto di quel che accadrà. Leggi tutto “DEMOCRAZIA APPESA AD UN SOFTWARE”

Wu Ming: “Grillo cresce sulle macerie dei movimenti”

 

 

 

«Insieme a Casaleggio amministra l’assenza di un’opposizione radicale contro l’austerità europea»

Quella di Grillo è una strategia diversiva. Serve a spingere l’«indignazione», tanto celebrata nelle acampadas spagnole o negli Occupy americani, lontano dalle piazze italiane. Più la crisi diventa feroce e più le scariche di risentimento vengono fatte confluire in un comodo format, quello del blog del Capo dei Cinque Stelle che solletica il giustizialismo giacobino contro la «casta» e le sue maschere.
Per Wu Ming, il collettivo dei cinque scrittori autori di Q, (come Luther Blissett), 54 e Altai, il movimento 5 stelle ha inquadrato le energie potenziali di una rivolta contro l’austerità in una gabbia discorsiva che fa la parodia del conflitto politico, lasciandolo amministrare da «un’organizzazione settario-aziendale» (la Casaleggio&Associati) e dalla guida simbolica di Beppe Grillo. Per loro il radicalismo pentastellato «amministra la mancanza di movimenti radicali in Italia».
La tesi esposta con determinazione in un articolo sul sito di Internazionale, è stata ampliata su «Giap», l’influente blog dei Wu Ming, interrompendo il silenzio attonito dei movimenti che hanno attraversato l’ultimo decennio, da Genova alle campagne sui beni c«uni.

Voi dite che Grillo non è un incendiario ma un pompiere, perché pratica la sistematica occupazione dello spazio discorsivo dei movimenti: la No-Tav, l’acqua bene comune, la scuola e l’università, il reddito. E lo ricolloca in una cornice che definite di «destra». Potete spiegare che cosa significa?
La nascita del grillismo è una conseguenza della crisi dei movimenti altermondialisti di inizio decennio. Man mano che quel fiume si prosciugava, il grillismo iniziava a scorrere nel vecchio letto. Nei primi anni, i liquidi erano ancora «misti», e questo ha impedito di vedere cosa si agitava nel miscuglio, oltre ad attenuare certe puzze. In seguito, la crescita tumultuosa del M5S è divenuta a sua volta una causa – o almeno una concausa importante – dell’assenza di movimenti radicali in Italia, per via della sistematica «cattura» delle istanze delle lotte territoriali, soprattutto di quelle più «fotogeniche». Non c’è lotta «civica» su cui il M5S non abbia messo il cappello, descrivendosi come suo unico protagonista. Temi, rivendicazioni e parole d’ordine sono stati cooptati e rideclinati in un discorso confusionista e classicamente «né-né», cioè che si presenta come oltre la destra e oltre la sinistra. È un discorso che accumula sempre più contraddizioni, perché mette insieme ultraliberismo e difesa dei beni comuni, retorica della democrazia diretta e grillocentrico «principio del capo», appoggio ai No Tav che fanno disobbedienza civile e legalitarismo spicciolo che confonde l’etica col non avere condanne giudiziarie. Quest’ultimo aspetto era già evidente al primo V Day, quando dal palco Grillo accomunò Daniele Farina del Leoncavallo a gente in odore di mafia, solo perché anche lui aveva «condanne». Già tutto questo tanfa di cultura di destra, ma a essere destrorso è innanzitutto il racconto dell’Italia che fa Grillo. Leggi tutto “Wu Ming: “Grillo cresce sulle macerie dei movimenti””

“Il mese delle memorie annebbiate”

 

  • Vladimiro Mannocci

 

Alfonso Iacono, con il suo articolo al Il Tirreno di Sabato scorso, (19 gennaio, ndr) auspica una riflessione storica sul ruolo avuto dal Partito Comunista italiano dalla sua nascita alla sua scomparsa, avvenuta nel 1991. E’ giusta l’osservazione di Iacono che “per svolgere lo sguardo verso il futuro è necessario aprire la finestra del passato” per poter leggere con capacita critica non solo il presente ma soprattutto le scelte attraverso le quali si costruisce il futuro. Purtroppo i liquidatori del PCI, Veltroni, D’Alema, Fassino, Bersani, Napolitano, Occhetto, ecc. hanno operato in questi anni per cancellare i valori di quella esperienza, da loro ritenuta culturalmente e politicamente imbarazzante. Nella fase nata dalla c.d. svolta della Bolognina vi fu, ad esempio, una vera e propria campagna contro quella “diversità” che Enrico Berlinguer riteneva dovesse essere un tratto distintivo del PCI, ma non lo è stato per il P.D.S., i D.S. ed il P.D. Una operazione ben riuscita, che però ha prodotto anche zone grigie ed elementi degenerativi nel rapporto fra politica e questione morale. Da allora le “svoltine” che si sono succedute sono state improntate sulla parola d’ordine di “andare oltre”. Un indistinto “oltre” che ha aiutato a configurare l’attuale assetto politico nel quale i cambiamenti economici e sociali sono stati solamente registrati dalle maggiori forze politiche e non, invece, letti criticamente. Il P.C.I. ha avuto un ruolo fondamentale nella lotta al fascismo, nella Resistenza, nella definizione della nostra Costituzione, che in questi anni ha subito tentativi di cambiamenti proprio nelle sue parti universali e più qualificanti che la fanno essere, come dice Roberto Benigni, la Costituzione più bella del Mondo. Leggi tutto ““Il mese delle memorie annebbiate””

Sul mausoleo a Graziani…

 

  • Tiziana Bartimmo *

 

 

E’ veramente inconcepibile che i soldi pubblici siano serviti a costruire un monumento del genere, evidentemente la vigilanza della società civile su questi fenomeni è insufficiente. la lotta al fascismo oggi non deve essere considerata una battaglia di retroguardia, purtroppo sono sempre più frequenti nel nostro paese azioni squadriste di organizzazioni neofasciste, assistiamo al proliferare di Casa Pound e a manifestazioni nazifasciste, anche sabato ce n’è stata una a Roma.
Oggi il fascismo si gioca ad es. sulla pelle dei migranti. Il 13 dicembre 2011 abbiamo visto che in queste degenerazioni non c’è niente di innocuo, due cittadini senegalesi sono stati uccisi da un simpatizzante di casa Pound. Più lo stato nega diritti ai migranti più il fascismo si rafforza, il terreno su cui lavorare per contrastare il fascismo è quello dei diritti. Il fascismo non può essere trattato come qualsiasi altra idea. Non si può applicare la par condicio: i partigiani hanno salvato l’Italia, i repubblichini di Salò la volevano demolire, la storia non è uguale. Dobbiamo schierarci sempre con i valori democratici e con la lotta partigiana e oggi essere partigiani vuol dire anche essere dalla parte dei diritti civili e inviolabili dell’essere umano. Leggi tutto “Sul mausoleo a Graziani…”