Il sindacato di classe è tramontato

Così Epifani alla conferenza d’organizzazione, il cui documento finale passa con 582 sì, 129 astenuti (la Fiom di Rinaldini) e 16 contrari (rete 28 aprile). Un anticipo dello scontro congressuale di Fabio Sebastiani

«Non si può giocare in difesa, è inutile chiudersi in una casamatta quando hai davanti un quadro difficile come quello di oggi, bisogna rischiare, non stare fermi».

Era quasi inevitabile che la Conferenza d’organizzazione della Cgil si trasformasse in un congresso in sedicesimo. E il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, nelle conclusioni non si è sottratto certo al clima. Se da una parte ha replicato quasi punto per punto agli attacchi del segretario generale della Fiom Gianni Rinaldini, dall’altro ha riproposto la chiave della sua strategia, ovvero che Confindustria e Governo non sono così impenetrabili come sembrano e quindi vale la pena tentare di portare a casa un risultato utile per il sindacato. Sembra proprio che il disastro della “concertazione-uno” non abbia insegnato nulla. Secondo Epifani, oggi non c’è più il conflitto capitale/lavoro a caratterizzare l’orizzonte dei rapporti sociali e politici. «Le contraddizioni riguardano anche le imprese al loro interno e i rapporti tra lavoratori». E’ vano pensare, quindi, che si possa costruire un argine all’offensiva delle imprese sul contratto nazionale.

«E’ tramontato quel modello di sindacato novecentesco. Ora c’è bisogno di un sindacato coevo alle grandi modifiche che si stanno realizzando. Il sindacato deve stare di più sul territorio e uscire da quei confini che non ci sono più (confini nazionali, ndr)», sottolinea il leader della Cgil.

Il discorso di Epifani era proprio partito da lì, da quella dimensione “globale” che nell’intervento di Rinaldini aveva indicato in modo netto il carattere non più riformabile del liberismo moderno. Citando Lamy, da una parte, e le difficoltà del sindacato mondiale dall’altra, Epifani arriva alla conclusione che, invece, questo liberismo sta covando alcuni ripensamenti, così come sull’idea del «welfare globale». «Voglio dire a Gianni – aveva aggiunto il segretario generale della Cgil – che non ho mai pensato che ci possano essere monaci poveri e conventi ricchi perchè non è possibile, il sindacato dei lavoratori ha gli stessi problemi dei lavoratori, non altri, perchè questa è la nostra scelta».

Ma è sull’accordo sui nuovi modelli contrattuali che il leader della Cgil ha fatto capire senza mezzi termini di voler puntare tutte le sue fiches. Innanzitutto, con il sostenere che l’inflazione prossima ventura sarà in gran parte di natura speculativa e quindi difficilmente arginabile con il solo recupero della produttività. Un invito a Confindustria, quindi, ad abbandonare qualsiasi velleità di attacco al contratto nazionale, perché è da lì che dovrà arrivare l’adeguamento salariale. Secondo, reclamando la restituzione fiscale e, nello stesso tempo, rispedendo al Governo i provvedimenti su Ici, straordinari e pubblico impiego. La strada che porta dall’intesa unitaria al confronto con la Marcegaglia è spianata. Certo, sarà ben lontana sia dalla “democrazia di mandato” sollevata dalla Fiom che dall'”aumento reale dei salari”, posto anche da Lavoro Società. Basterà quell’accordo a qualificare una organizzazione «che vuole avere un futuro all’altezza della sua storia», come sostiene Epifani nel chiudere il suo intervento?

A completare l’opera arriverà presto il consolidamento della segreteria nazionale. La situazione è ancora incerta. E anche la scelta di contrapposizione soft in questa fase da parte della Fiom e di Lavoro e Società che sul documento politico hanno scelto la via dell’astensione, è molto indicativa. «Qualsiasi scelta sarà fatta – ha affermato Epifani – sarà fatta nel principio dell’autonomia assoluta della nostra organizzazione». Dalla segreteria sono usciti Paolo Nerozzi e Achille Passoni, eletti nel Pd, e Carla Cantone, per la quale è prevista la segreteria dei pensionati Cgil.

Alla conferenza di organizzazione, comunque, Paola Agnello Modica, segretaria nazionale dimissionaria, ha consumato un altro strappo dall’area di Nicola Nicolosi decidendo di votare a favore del documento finale, che è passato con 582 sì, 129 astenuti e 16 voti contrari (area 28 aprile).

La cronaca della Conferenza d’organizzazione di ieri non sarebbe completa senza la brutta scena dei fischi a Giorgio Cremaschi in un momento delicato delle dichiarazioni di voto dal palco. Evidentemente alcuni settori della maggioranza si sentono talmente forti da poter espungere qualsiasi posizione avversa. Delirio dei potenti? Cremaschi ha protestato, ovviamente, e puntuali sono arrivate anche le scuse del segretario generale della Cgil.