Dobbiamo chiederci: sicurezza per chi? Chi minaccia la sicurezza di chi?

di Mercedes Frias

su Liberazione del 31/05/2008

Un’ondata xenofoba senza precedenti. Il razzismo esploso nelle sue manifestazioni più violente. Flebili reazioni. Provano a reagire i soliti, ancora frastornati dalla frana culturale resa evidente dalle urne. E la potenziale opposizione parlamentare sembra anestetizzata. Incapace di dire, di fare, di muoversi in direzione diversa e contraria di quella della maggioranza. Evidentemente tutto marcia come dovrebbe secondo il loro disegno, secondo le loro prospettive di società. Balbettano ancora che la sinistra ha perso perché non ha capito il Paese, perché ha detto cose sbagliate sulla sicurezza. Colpisce però la miopia, la perseveranza nell’inseguire proclami sicuritari, che individuano nell’escluso il nemico, che fa diventare i dati un’opinione e la percezione pilotata l’unica certezza sulla quale costruire proposte rassicuranti delle fobie collettive costruite in mancanza di risposte ai bisogni della gente, all’impoverimento dilagante.

Duecento prostitute di origine africana uccise nel pressoché totale silenzio negli ultimi tre anni in Italia sono un bell’esempio del razzismo e la violenza contro le donne, nella totale omertà dei media e l’inerzia della polizia.
Donne, ragazzini, uomini che mettono in atto un vero e proprio pogrom contro altre donne, ragazzine, bambini, vecchi, uomini, colpevoli di appartenere all”etnia” maledetta.
Una donna ridotta in schiavitù, ma era “solo una rumena”. Rumena anonima, come anonima rimane l’italica aguzzina. Sì perché gli aggressori, anche se presunti, hanno nome, cognome e volto da sbattere in prima pagina, soltanto quando sono “altri”;
un’altra anonima rumena violentata dal branco a Roma.
Un barista asiatico aggredito da un branco di giovani neonazisti.
Negozi di cittadini stranieri devastati dal solito branco. E poi, fermi e intimidazione di polizia a Firenze contro due giovani egiziane che passeggiavano in città, coperte con il velo integrale.
Estremisti di destra e cittadini qualunque che si sentono autorizzati a usare qualsiasi mezzo per colpire, punire, il nemico, la minaccia alla loro quiete, al “decoro” delle loro città. Autorizzati da una violenza politica che dà in pasto quotidianamente il capro espiatorio, sia ai razzisti di destra, sia agli esclusi nativi.
La destra xenofoba ha costruito il suo consenso in questi anni con l’esaltazione dell’individualismo, dell’identità costruita per differenza, attraverso una proposta politica etnocentrata, che costruisce e sottolinea i pregi “innati”, naturali e superiori degli autoctoni, specie se del nord. A questa visione di sé, si rende indispensabile la costruzione del suo opposto, della minaccia a tanto benessere faticosamente guadagnato: il bersaglio naturalmente viene da oltre frontiera. L’altro, altro da incarnare la radice di tutti i mali, perché non soltanto fa “concorrenza sleale” nelle mansione più squalificate perché costretto ad accettare condizioni più precarie, ma può anche trovare buona collocazione nelle graduatorie per le case popolari e negli asili nido; ma soprattutto, delinque, rende insicure le città, intimorisce le anziane signore. Nulla importa quanto ci dicano i dati sull’andamento della criminalità e sulla reale partecipazione dei migranti come aggressori; loro ci rendono insicuri, loro. Complice il sistema dei media formidabili strumenti di amplificazione dei fatti di cronaca che vedono come autori gli stranieri. Non importa che in campi come le aggressioni sulle donne, gli stranieri siano il 3% degli autori, occupano l’80% dell’informazione.
In materia di politiche sull’immigrazione la destra ha sempre dettato l’agenda, imponendo un’idea, più o meno esplicita, che inchioda, fissa l’immagine dello straniero proveniente dai paesi impoveriti, a quello del delinquente. Il centrosinistra, spesso colpito dalla stessa cultura dell’idolatria campanilista della proprietà e del consumo, ha risposto “difendendo”, separando, e via distinguendo fra migranti “buoni”, regolari da integrare o meglio assimilare; e quelli cattivi, i cosiddetti clandestini. Così facendo ha dato un notevole contributo a creare l’equazione clandestino-delinquente. Incurante dal fatto che la maggior parte dei migranti oggi regolari, sono stati clandestini o irregolari, sanati con l’unico strumento di regolarizzazione esistente in paese in cui è pressoché impossibile entrare legalmente.
La criminalizzazione dei migranti, specialmente se clandestini, paga dal punto di vista del consenso elettorale. Costruzione politica di nuovi criminali, individuati come causa di ogni male, induzione del senso di insicurezza, di paura; Il risultato è scontato.
Alla luce degli ultimi episodio di aggressione di cui sono stati oggetti i migranti, occorre domandarsi, sicurezza per chi? Chi minaccia la sicurezza di chi?
La spedizione punitiva di un gruppo di giovani romani in un supermercato contro alcuni immigrati, alla vigilia dell’omicidio Reggiani, era l’avvisaglia di quanto può produrre l’uso politico di fatti di cronaca pur orrendi e condannabilissimi. Allora, il leader del Pd ha preteso e ottenuto una riunione del consiglio dei ministri di urgenza con derivante decreto legge, ma, dov’è oggi, dove sono i tanto zelanti custodi della sicurezza con il moltiplicarsi di atti di violenza, non soltanto da ascrivere alla delinquenza privata, ma di chiara matrice razzista e xenofoba?
Tali episodi nella loro gravità sono una conseguenza logica del discorso razzista esasperato maggiormente durante la campagna elettorale e ulteriormente istituzionalizzato con le prime, prioritarie e urgentissime misure del governo: il pacchetto sicurezza.
Oltre le aggressioni fisiche, assistiamo ad un allentamento dei “freni” che circoscrivono certe pulsioni, insulti e aggressioni verbali di ogni tipo nei confronti di persone di aspetto esteriore diverso da quello della maggioranza, è la conseguenza della banalizzazione del razzismo, sia quello individuale, sia quello istituzionale.
Il governo di destra dal canto suo, coerente con il suo disegno, parte velocità all’attacco dei più elementari squarci di dignità degli esclusi. Far diventare reato un illecito amministrativo quale la presenza sul territorio nazionale senza titolo di soggiorno e la reclusione fino a 18 mesi per tale condizione nei luoghi di totale sospensione di ogni diritto sono, atti di vero e proprio razzismo di stato, a danni di chi la propria condizione ha reso fragile e indifeso. E’ il governo di destra, agendo fedele a quanto promesso, le timide dichiarazioni
Appare altresì evidente, che la discussione anche in ambito dell’Unione Europea sull’allungamento dei tempi di permanenza nei cpt sia non soltanto espressione di disumanità colpevole, di eccesso di repressione e/o di incapacità di governare gli eventi, ma anche di una di una scelta “economica” data dall’indotto delle carceri?
In questo scenario, urge reagire, uscire dallo stordimento, fare opposizione, decostruire paradigmi; non sono certo le diatribe di potere ai vari livelli o i tentativi di aggregazione per sigle, ora che siamo attoniti e spappolati ad aiutarci a uscire dalla palude culturale, sociale e politica in cui ci troviamo. Siamo minuscole sacche di resistenza, il lavoro è di lunga durata, reagire è un imperativo non più rimandabile.