Prospettive e immaginario. Perché ripartire dalle/i Giovani Comuniste/i

di Anna Belligero* e Simone Oggionni**

Sull’ultimo numero di Argomenti umani Agostino Megale riporta, in un lungo saggio di analisi del voto di aprile e dei flussi elettorali, i risultati di un’inchiesta di Swg. Tra questi, ve ne sono alcuni su cui varrebbe la pena soffermarsi. Soltanto il 3,07% dei giovani tra i 18 e i 24 anni ha scelto la Sinistra Arcobaleno. Se consideriamo i lavoratori della stessa fascia d’età (presumibilmente in larga parte lavoratori dipendenti e – dicono le statistiche – titolari di contratti atipici e precari) la percentuale scende al 2,5%.
Queste cifre indicano che la disaffezione che ha prodotto la perdita di quasi tre milioni di voti è stata ancora più devastante tra i giovani, contraddicendo e rovesciando la costante di un voto giovanile tradizionalmente più spostato a sinistra; e che, soprattutto, essa ha colpito con una estensione maggiore proprio i lavoratori.
Ma cosa nasconde questa “disaffezione”? Lo abbiamo detto tutti: la delusione per un’esperienza di governo fallimentare durante la quale la sinistra non è riuscita a incidere significativamente sull’azione dell’esecutivo; il disorientamento per la vacuità di un progetto politico – quello della Sinistra Arcobaleno – presentato come la giustapposizione di “tendenze culturali” spesso radicalmente distinte; infine, il senso di una sconfitta (di valori, di radicamento sociale, di prospettive) di lungo periodo.

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Russia: Quando il vento soffia, ma mancano le vele: risposta a Jakushev

di Anton Baumgarten
 
Le tesi espresse nell’ultimo saggio di Dmitrij Jakushev «Tesi sulla prospettiva socialista in Russia dopo Putin»[1] meritano un’attenta analisi. Le questioni teoriche generali discusse sono estremamente importanti, a maggior ragione per il fatto che l’Autore le passa in esame attraverso il prisma del momento storico attuale, il passaggio del potere presidenziale in Russia da Putin al suo successore Dmitrij Medvedev. Purtroppo, egli scrive di cose serie con una sconvolgente negligenza però sia rispetto ai fatti che alla logica stessa, e non solo giungendo a conclusioni affrettate, ma presentando queste ultime sotto forma di indiscutibili assiomi. 

Inizierò con le sue valutazioni di questo momento «medvedeviano». A mio parere nell’articolo è stato esagerato il carattere di discontinuità fra il corso di Putin e la supposta (!) direzione che invece prenderà Medvedev, così come lo stesso corso di Putin è stato rappresentato in una luce molto idealizzata. L’obbiettivo che Putin si pose non fu la nazionalizzazione dei settori strategici dell’economa, ma il loro passaggio di mano dall’oligarchia compradora e dai monopoli occidentali ai burocrati statali e ai capitalisti provvisti di una «visione nazionale». Putin è sempre stato e resta un neoliberale in economia, una creatura della restaurazione capitalista, come Medvedev del resto. La questione però è se Putin sia riuscito o meno durante il suo governo a creare una classe borghese in Russia: io penso di no. Ad ogni modo le ultime scoperte effettuate dal gruppo Burcev.ru[2] dimostrano come la «nazionalizzazione» di Putin sia di fatto sfociata nella creazione di un complesso Finanziario-Industriale-Energetico (FIE), monopoli e oligopoli in cui sono fortemente intrecciati apparato burocratico dello Stato, capitalisti privati e i vertici dei servizi segreti e del mondo criminale.

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Al mondo serve il socialismo, prima che sia troppo tardi

di Fidel Castro

In risposta ad un giornalista cubano, Fidel Castro in una lettera ha dichiarato che i principi del socialismo bisognerebbe appiccarli immediatamente e su scala mondiale, dopo sarà troppo tardi.
 
“Penso che nel mondo di oggi i principi del socialismo dovrebbero essere già applicati , dopo sarebbe troppo tardi”, afferma il lider della Rivoluzione Cubana in una lettere diretta alla giornalista Alina Perera e pubblicata dal quotidiano Juventud Rebelde. Su quello stesso giornale Perera aveva pubblicato un articolo d’opinione intitolato: “Traffico di regalie” in cui affermava che non era interessata ad un socialismo “grigio e annoiato”.

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Perché il prezzo del petrolio è così alto?

Debolezza del dollaro, cattive politiche federali e speculazioni dei fondi ad alto rischio.
 
di Paul Craig Roberts* – CounterPunch

 Come si spiega il prezzo del petrolio? Perché è così alto? Lo stiamo davvero finendo? Sono state interrotte le forniture, o gli alti prezzi sono il riflesso della bramosia delle compagnie petrolifere, oppure dell’OPEC? Chavez e i sauditi ci stanno cospirando contro?
 
Secondo la mia opinione sono due i fattori principali dell’aumento del prezzo del greggio: la debolezza del valore di cambio del dollaro statunitense e la liquidità che la Federal Reserve Bank sta mettendo in circolazione.
 
Il dollaro debole è una conseguenza del grande deficit finanziario e commerciale il cui esito sfugge alla politica statunitense. Siccome gli abusi hanno finito con lo svilire il ruolo del dollaro statunitense come moneta di riserva, i venditori chiedono più dollari come copertura a fronte del cambio al ribasso e alla sua perdita di credibilità come valuta di riserva.

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Comunicato del Partito Comunista Portoghese sulle conseguenze della sconfitta del Trattato di Lisbona

Il Partito comunista portoghese ha diffuso un comunicato al termine di una conferenza stampa sulle conseguenze della sconfitta del Trattato di Lisbona
 
Ilda Figueiredo, membro del Parlamento europeo
Lisbona, 13/06/2008
 
Il Trattato di Lisbona è morto. La vittoria del No in Irlanda ha gettato nella spazzatura della storia un progetto di trattato che in realtà era un raggiro politico, poiché tentava di risuscitare la cosiddetta Costituzione europea, che era stata rifiutata dai popoli di Francia e Olanda.
 
La vittoria del No ha una grande importanza ed un significato politico.

Questo risultato rappresenta una sconfitta tangibile imposta dal popolo irlandese ai progetti di accrescimento del neoliberismo, del federalismo e del militarismo che i leader delle potenze europee e i gruppi economici e finanziari persistono nel portare avanti.

Un risultato anche indicativo a causa della campagna condotta dai principali leader dell’Unione Europea che, attraverso interferenze, pressioni e ricatti nei confronti del popolo irlandese, hanno tentato in ogni modo di condizionare il risultato del referendum.
 
Un risultato che evidenzia chiaramente le ragioni della paura che ha condotto, quelli maggiormente responsabili di aver predisposto questo Trattato, a prevenire in più paesi i referendum nazionali sul progetto di un nuovo Trattato europeo.

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In quel cpt una stanza dei pestaggi

di Orsola Casagrande

da Il Manifesto

I racconti dei migranti usciti dal centro di corso Brunelleschi a Torino

Non si respira una bella aria a Torino. Sali sull’autobus e l’unica cosa di cui si parla sono i rischi che si corrono sui tram e sui pullman. Rischi? «Non hai sentito? – dice una giovane donna – qui ormai è il Far West». L’autobus è il 67, lo stesso dove qualche giorno fa i vigili urbani hanno spadroneggiato con fare effettivamente un po’ da cowboys, intimando ai cittadini stranieri presenti di scendere, dividendo uomini da donne e esibendosi in controlli accompagnati da frasi come «la pacchia è finita». E a chi mostrava la carta d’identità italiana, «non ce ne frega nulla della vostra carta italiana, questo non è più il paese delle meraviglie».

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