Giovedì 2 giugno tutte e tutti alla manifestazione nazionale a Coltano!

2 Giugno Corteo nazionale – Nessuna base per nessuna guerra – No base né a Coltano né altrove

Partito della Rifondazione Comunista – Toscana
Partito della Rifondazione Comunista federazioni di Pisa e Livorno

Giovedì 2 giugno tutte e tutti alla manifestazione nazionale a Coltano. Per dire no alla base militare né lì né altrove, per costruire un’altra agenda politica di pace e giustizia sociale.

Giovedì 2 giugno tutte e tutti a Coltano, per la grande manifestazione nazionale con la quale dire no alla base militare, né lì né altrove. Sembrano bastare i numeri per spiegare le ragioni del NO: 190 milioni di fondi pubblici (PNRR, Fondo di coesione sociale), 73 ettari all’interno di un parco naturale,  440 mila metri cubi di cemento per fare una cittadella militare e opere affini. Quei 190 milioni non avrebbero dovuto essere piuttosto investiti in sanità, edilizia scolastica, abitazioni, trasporti anziché continuare a vedere tagliare la spesa sociale?

Eppure c’è anche di peggio: nessuno dei pubblici amministratori ha detto di sapere, finché è stato documentalmente comprovato il contrario, dal Presidente della Regione al Sindaco di Pisa ecc. Così le forze politiche che essi esprimono, mentre il governo che sorreggono sfornava non uno ma ben due DPCM “segreti” con i quali si dava il via libera al progetto prima, e poi si faceva solo opera di maquillage logistico, confermando tutto: è evidente che destre e PD (PD con cui è impossibile pensare di creare qualsiasi alleanza, “larga” o “stretta” che sia, di centrosinistra) sono legati a doppia catena agli interessi del complesso industrial-militare e dei gruppi di potere edilizi e finanziari nel nostro paese e, pur in modi diversi, a livello europeo. E nonostante l’opera di svelamento e mobilitazione del movimento che è lì sorto, il suo collegarsi e radicarsi, l’impegno del Consigliere Auletta, dei compagni di Una città in Comune e Rifondazione Comunista di Pisa, a cui va tutto il nostro ringraziamento. Non ultimo l’impegno per portare in Parlamento una interrogazione presentata dalle deputate del neo-gruppo ManifestA a cui facciamo riferimento insieme ad altre forze politiche.

Come Rifondazione Comunista ci siamo mossi subito anche fuori da Pisa, a livello di federazioni toscane, come Regionale e come Nazionale, per sostenere la lotta e per la riuscita della manifestazione nazionale, a cui invitiamo tutte e tutti a partecipare. Solo un paio di riflessioni in più. 

La prima è che siamo di fronte ad amministratori e forze politiche che hanno mentito alle cittadine e cittadini, che hanno sostenuto e sostengono il progetto, che ormai appartengono non al legittimo gioco politico di una democrazia, ma sostanzialmente ad una a – democrazia che pretende di ricevere cambiali in bianco e di non rispondere a nulla e nessuno se non a poteri forti con cui relazionarsi a discapito del mandato popolare. Il campione di questa idea della politica ci pare su tutti il presidente Giani: quello della gestione “corporativa” della pandemia, quello che è rimasto in sella e anzi promosso nonostante il suo atteggiamento al momento del voto sul famoso emendamento relativo alla deregulation in tema ambientale per le concerie, quello che accetta che la Regione prenda dividendi dal privato proprietario degli scali di Firenze e Pisa invece che destinarli a salvare posti di lavoro, e che ora non sapeva di un progetto come questo. Incapacità? Altro? Non sta a noi dare un giudizio tecnico, ma un giudizio politico definitivo ci spinge a reiterare la richiesta di sue immediate dimissioni. 

La seconda riflessione è sullo sviluppo del movimento contro la guerra, per la pace e aggiungiamo per la giustizia sociale, strettamente intrecciate. Uno sviluppo che deve – e ne siamo certi lo sarà – essere posto immediatamente dopo la manifestazione di giovedì, che deve radicarsi in ogni territorio della Toscana, visto che essa non solo a Pisa si sta trasformando nella punta di diamante di una piattaforma logistica militare a livello nazionale. 

Non è questa la Toscana che vogliamo, non lo è nemmeno, ne siamo certi, per la stragrande maggioranza delle toscane e dei toscani. Per questo radicamento e per dare continuità al movimento noi  metteremo il massimo impegno, chiedendo a tutti di fare altrettanto con spirito positivo, aperto, plurale.  Se non ora, quando?

Partito della Rifondazione Comunista – Toscana
Partito della Rifondazione Comunista federazioni di Pisa e Livorno

2 Giugno Corteo nazionale – Nessuna base per nessuna guerra – No base né a Coltano né altrove

Anche a Livorno, il taser è una pessima idea

Da oggi anche a Livorno le forze di polizia avranno in dotazione le pistole a impulso elettrico, dette taser.

Il sottosegretario leghista all’interno Laura Molteni qualifica questi strumenti come “di difesa e non di offesa, di sicurezza e non di violenza”. In realtà noi pensiamo che l’adozione dei taser sia una pessima idea. In merito rilanciamo alcuni brani di un articolo di Maria Pia Calemme da Transform! Italia, di cui consigliamo la lettura integrale.

“[…] Nonostante le affermazioni secondo le quali il taser sarebbe un’arma non letale e, addirittura, salverebbe delle vite (come sostiene l’azienda Axon), che comunque ammette un potenziale di letalità dello 0,25%, non sono solo le associazioni per la tutela dei diritti umani a sostenerne i rischi.

[…] Il Dipartimento di giustizia degli Stati Uniti (dove il taser è in uso dagli anni ‘90), nel 2021 ha prodotto un interim report sulle morti verificatesi a seguito dell’uso del taser, nel quale si afferma, tra l’altro, che “un significativo numero di individui sono deceduti dopo l’esposizione a un dispositivo a energia condotta (CED). Alcuni erano adulti sani e normali; altri erano tossicodipendenti o erano affetti da malattie cardiache o mentali. […] Molti aspetti della sicurezza della tecnologia CED non sono ben noti, soprattutto per quanto riguarda i suoi effetti su popolazioni diverse dai normali adulti sani (cioè individui a rischio)”.

[…] Aver preso l’esempio americano per introdurre anche in Italia le pistole elettriche non è stata una buona idea: non serve un grande sforzo per immaginare che il taser verrà utilizzato per affrontare le situazioni meno pericolose. Come dimostra proprio l’esperienza statunitense, infatti, non è un’alternativa innocua alle armi da fuoco, bensì un’alternativa potenzialmente letale ad altri strumenti di immobilizzazione e contenimento.”

NAKBA – CATASTROFE

Il 14 maggio di 74 anni fa, un giorno prima che scadesse il mandato britannico sulla Palestina, Ben Gurion (capo dell’organizzazione sionista mondiale fondata da Theodor Herzl, giornalista austriaco), padre del sionismo, proclamò la nascita dello stato di Israele che non fu una nascita stabilita dall’ONU ma fu una autoproclamazione oltretutto su un territorio abitato in maggior parte da arabi, con una piccolissima percentuale di ebrei.

L’occasione fu fornita dalla risoluzione ONU 181 del 29 novembre 1947, risoluzione che avrebbe dovuto portare la pace in quella zona dove gli arabi erano la maggioranza rispetto al 6% di ebrei. Herzl non pensava affatto di portare gli ebrei della diaspora in Palestina, ma nessuno voleva andare in America o in Africa ed allora, mettendo in campo la mitologia biblica del “popolo degli eletti”, rivolse lo sguardo verso la Palestina.

Intanto il mandato britannico veniva restituito, anche perché i vari gruppi terroristici sionisti colpivano strutture britanniche in modo che lasciassero il territorio dove si erano insediati, ricordiamo il massacro del luglio 1946 al King David di Gerusalemme che provocò un centinaio di morti per mano dei terroristi ebrei dell’Irgun e della banda Stern ai cui vertici si trovavano Begin e Shamir che divennero, nel tempo, importanti e stimati statisti israeliani. L’approvazione di tale scempio era stata data da Ben Gurion, padre fondatore e primo presidente di Israele.

Il 14 maggio del 1948 Ben Gurion proclamò la nascita illegale dello Stato di Israele, leggendo la dichiarazione di indipendenza alla radio Kol Israel .

Poche ore dopo la dichiarazione di Ben Gurion l’esercito mandatario inglese lasciò la Palestina dando via libera alle violenze e atrocità iniziate il 15 maggio contro i villaggi palestinesi.

INIZIAVA COSI’ LA PULIZIA ETNICA, la NAKBA, la CATASTROFE.

Le formazioni paramilitari israeliane dell’Haganà, aiutate dai movimenti terroristi dell’Irgun e della banda Stern che già operavano in terra di Palestina anche sotto mandato inglese, distrussero in pochi giorni 432 villaggi di varie dimensioni. Città come Haifa o Jaffa vennero occupate e bombardate. Gli abitanti cacciati o uccisi o costretti a fuggire per il terrore di essere a loro volta uccisi o fare la fine degli abitanti di Deir Yassin, di Abu Shuba, di Al Arabiya e come quelli di tanti altri villaggi, massacrati senza pietà.

800mila palestinesi furono costretti a lasciare le loro abitazioni portando con sé l’unico ricordo della propria casa, LE CHIAVI, convinti che l’ONU avrebbe, prima o poi, ristabilito i loro diritti e che gli eserciti arabi avrebbero costretto Israele a fermarsi. Ma non andò così, la guerra è andata avanti con vittorie sempre più smarcate di Israele, forte di una dotazione militare abbondantemente aiutata da Washington non solo con mezzi da guerra ma anche con miliardi di dollari.

Iniziò così la Diaspora palestinese, paradossalmente lo stesso anno della dichiarazione dei Diritti Umani, mentre alla faccia del diritto i Palestinesi si videro privati di ogni diritto da parte di uno stato che voleva e vuole tutt’oggi eliminarli dalla loro Terra, distruggerne la cultura e la memoria per fare in modo che questa Terra diventi per loro invivibile.

Nel dicembre del 1948, l’ONU vista la terribile situazione dei Palestinesi sotto occupazione e ferocie violenza di Israele, emanò la Risoluzione 194 con la quale dichiarava il diritto al ritorno nelle loro case e nelle loro terre dei profughi palestinesi, ma Israele non ha mai riconosciuto tale diritto, lo stesso diritto per il quale i palestinesi di Gaza hanno manifestato per ben tre anni con la GRANDE MARCIA DEL RITORNO, marcia pacifica dove i cecchini israeliani attuavano una specie di “tiro al piccione” dalle alture che dividono Gaza dai confini illegali di Israele, che ha procurato più di 300 morti fra i manifestanti e centinaia di mutilati, nell’indifferenza generale del mondo, nessuna sanzione, solo un richiamino ad essere meno “cattivello”.

Mai nessuna risoluzione ONU è stata rispettata da Israele che ha continuato a mangiare terra palestinese, a cacciare i suoi abitanti, a creare insediamenti illegali per coloni ebrei, fino ad arrivare ad oggi con la triste storia, non ultima scintilla provocatoria di Israele a Gerusalemme Est, a Sheick Jarrah dove famiglie palestinesi vengono espropriate dalle proprie case, riaprendo una ferita molto profonda del popolo palestinese che continua a subire la pulizia etnica iniziata nel 1948 ed ancora non terminata.

Il 15 maggio si commemora la NAKBA, contro il volere di Israele che ha votato, alla Knesset, il suo Parlamento, nel 2010, una legge che punisce i palestinesi con cittadinanza israeliana che commemorano la “catastrofe”, Israele non vuole “tristezze” nel giorno della ricorrenza della nascita del suo stato, la memoria dei palestinesi non deve avere visibilità, la pulizia etnica ha le sue regole, la memoria degli eccidi deve essere dimenticata.

Ma la memoria della NAKBA non sarà mai dimenticata e sarà il tormento perenne nel ricordo doloroso del popolo palestinese ma anche di Israele, nonostante che venga vietato la storia nei libri di scuola e la carcerazione per chi osa mostrarsi in strada con i cartelli della “memoria”.

Mariella Valenti
Reponsabile internazionalismo e immigrazione Federazione livornese Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea