In piazza a lottare in difesa dell’artico 18.

La prima volta di Piazza XX con le bandiere

DAVID EVANGELISTI

 LIVORNO. E piazza Venti divenne “piazza Cgil”. Ieri mattina infatti l’ex area che ospitava il mercatino americano è stata letteralmente invasa (si parla di più di diecimila presenze) dai sostenitori della Cgil che hanno aderito allo sciopero nazionale. Una delle più grandi manifestazioni mai viste nella nostra città, almeno per quanto riguarda gli ultimi anni. Per piazza Venti è stata una sorta di “prima volta”. I residenti delle abitazioni che si affacciano sulla piazza guardavano incuriositi dalle finestre delle loro case. Qualcuno di loro appariva quasi incredulo. Mai prima d’ora infatti si erano viste tante persone manifestare nell’ex area dello storico mercatino. Nel giro di pochi mesi l’identikit di piazza Venti è stato completamente stravolto. Dopo lo smantellamento del glorioso mercato “made in Usa” e l’abbattimento dei banchi infatti, la piazza si è vista “invadere” da decine di bandiere rosse Cgil e striscioni che chiedevano “il rispetto dei diritti dei lavoratori” e lo “stop alla precarietà”. Un film davvero insolito per una piazza abituata da anni a vivere a stretto contatto con gli storici banchi dei venditori. Fino a poche settimane fa infatti la piazza era il regno di jeans stravaganti, magliette alla moda, occhialoni da sole all’ultimo grido e uniformi militari. Ieri mattina invece c’era spazio solamente per centinaia di tute blu “modello cassa integrazione”. D’altronde ora vanno di moda quelle.

 

Diecimila sfilano nel corteo della Cgil
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Rigassificatore di Rosignano, interviene la Federazione della Sinistra di Livorno

da http://www.greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=2753&mod=greentoscana

Alesandro Trotta e Michele Mazzola, in qualità di segretari di federazione dei due partiti (Prc e PdCi) che costituiscono la Federazione della Sinistra

LIVORNO. Comprendiamo la preoccupazioni dei sindacati sul futuro del Parco industriale di Rosignano e sulla possibilità che l’attuale crisi economica abbia sui nostri territori ricadute ancora più pesanti in termini di occupazione di quelle cui abbiamo assistito nel corso del 2009. Proprio per questo siamo convinti che si debba valutare con la dovuta freddezza e razionalità qualsiasi intervento in ambito industriale.
A tal proposito continuiamo a non capire cosa stia accadendo in torno alla vicenda del sì detto rigassificatore di Rosignano. Come hanno più volte sostenuto le nostre sezioni locali condividiamo in pieno la scelta della Regione Toscana e ci sembra che essa sia in perfetta linea con la programmazione regionale su questo settore e con la programmazione provinciale.
Proprio soffermandoci su questo ultimo punto abbiamo ritenuto necessario presentare un’interrogazione al Presidente della Provincia Kutufà perché si chiarisca la posizione della Giunta e si informi il Consiglio se rispetto al PTC della scorsa legislatura si sono fatte strada nuove idee per lo sviluppo dei nostri territori. Nell’interpellanza chiediamo in particolare:
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IPOTESI DI ACCORDO TENARIS DALMINE: LE LUCI E LE OMBRE

DICHIARAZIONE CONGIUNTA DI EZIO LOCATELLI  (SEGRETARIO PROVINCIALE BERGAMO E DIREZIONE NAZIONALE PRC) E ALESSANDRO FAVILLI (SEGRETARIO PROVINCIALE PIOMBINO E RESPONSABILE NAZIONALE POLITICHE INDUSTRIALI PRC)

“L’ipotesi di accordo intervenuto ieri tra la Tenaris Dalmine spa e le rappresentanze sindacali se da una parte consegue il risultato di attutire le ricadute sul piano occupazionale  rispetto alle previsioni iniziali (gli esuberi passano da 1024 a 741 in tutta Italia e solo sulla base della volontarietà o accompagnamento alla pensione) è e rimane una ipotesi che l’azienda, per parte sua, intende   continuare a rivolgere contro l’occupazione e il lavoro dipendente.
 
Vero che il piano di ristrutturazione della Tenaris non prevede per il momento nessuna chiusura aziendale, vero che diminuisce di un poco la conta degli esuberi, vero che l’accordo prevede esodi volontari e ampio ricorso agli ammortizzatori sociali. Sono certamente alcuni risultati da valorizzare stante una vertenza complessa e difficile. Ma tutto ciò non può nascondere il fatto decisivo – che rimane in tutta la sua portata – di un pesante ridimensionamento dell’organico.
 
L’azienda fonda il suo piano di “ristrutturazione” e di “efficientizzazione” su una strategia rivolta all’abbattimento del costo del lavoro, attraverso il risparmio di forza lavoro o anche attraverso il ricorso alle delocalizzazioni. Manca un piano industriale degno di questo nome.  Il risultato finale è un impoverimento drastico del tessuto occupazionale e, contrariamente a quanto sostenuto,  un indebolimento delle stesse prospettive produttive aziendali.
 
Non è facile fare fronte alla libertà di manovra e al ricatto di una grande azienda multinazionale anche in considerazione di una assenza di supporto e di politica attiva da parte del governo italiano.
Alle lavoratrici e ai lavoratori va dato tutto l’appoggio per continuare una battaglia e una mobilitazione che impedisca il progressivo smantellamento produttivo ed occupazionale  di una delle più importanti aziende italiane”.

 
Bergamo/Piombino 30.12.2009

Nell’Europa dell’est cresce la nostalgia del comunismo

su Reuters del 09/11/2009

Solo il 30% degli ucraini si dice a favore del passaggio alla democrazia, quando nel 1991 era il 72%. In Bulgaria e Lituania, il crollo del numero dei favorevoli al cambio di regime si è fermato poco sopra la metà della popolazione, quando nel 1991 i tre quarti degli abitanti erano favorevoli alla transizione. In Ungheria, uno dei paesi più colpiti dal peggioramento economico, il 70% di quelli che nel 1989 erano già adulti confessa di esser rimasto deluso dai risultati del cambio di regime.

Vent’anni dopo la caduta del comunismo, Belene (Bulgaria) è un posto ormai dimenticato e soltanto una piccola targa di marmo ne ricorda la storia. Mentre la nostalgia del passato cresce nel piccolo paese balcanico e nell’ex blocco sovietico. Il fallimento del capitalismo nel migliorare le condizioni di vita (della popolazione), nell’imporre lo stato di diritto e nell’arginare la corruzione dilagante e il nepotismo ha aperto la strada a ricordi del tempo in cui il tasso di disoccupazione era a zero, il cibo era economico e la sicurezza sociale era alta.
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