12 marzo: no alla guerra, no alle modifiche della costituzione

Sabato 12 marzo promuoviamo due importanti iniziative:
per la giornata nazionale di mobilitazione contro la guerra, partecipiamo al presidio che dalle 11:00 si terrà all’ingresso della base militare USA di Camp Darby;

per le iniziative a difesa della Costituzione contro le modifiche che mortificano la nostra democrazia, dalle 18:00 al Circolo Arci P. Carli di Via di Salviano 542 partecipiamo all’iniziativa del Comitato livornese per il NO nel referendum costituzionale: “modifiche costituzionali – le ragioni del NO”, con l’Avv. Felice Besostri, del Consiglio Direttivo del Comitato nazionale.

12 marzo contro la guerra

Gianluigi Pegolo: Aprire il confronto

Rilanciamo, come contributo alla discussione in corso sulla situazione politica e sulle prospettive di Rifondazione Comunista, un contributo del compagno Gianluigi Pegolo del Comitato Politico Nazionale.

Aprire il confronto

In un articolo apparso su “il manifesto”, Il gruppo dirigente del PCdI, ha rivolto al segretario e agli iscritti del Prc un appello per l’unità dei due partiti. L’ha fatto sulla base di alcune argomentazioni: la gravità della condizione sociale, la presenza di un governo Renzi pericoloso, il venir meno di molti elementi di divisione presenti in passato nelle posizioni dei due partiti, la consapevolezza che si pone un problema più ampio di unità a sinistra, la necessità di dare un riferimento a quanti si richiamano al comunismo. Non è la prima volta che il tema viene posto, ed è stato oggetto di confronti anche aspri in passato, ma questa volta va attentamente considerato, anche in ragione delle novità della fase.
La mia posizione a tale riguardo è molto semplice: il confronto va accettato, senza astuzie e senza precondizioni. E in questo confronto va definita l’unità possibile senza limiti pregiudiziali. Questa mia convinzione muove da alcune considerazioni.
La prima: non è possibile che tutta la discussione a sinistra avvenga con l’assunzione dell’antiliberismo come unico riferimento. Chi risponde che nell’antiliberismo trova posto anche una critica anticapitalista e comunista, in realtà elude la questione, perché il problema è che in questi anni quel punto di vista è stato appannato da una ricerca dell’unità a sinistra su un minimo comun denominatore che ha, di fatto, azzerato il ruolo dei comunisti e di una critica anticapitalista. Dirò di più, per cercare a tutti i costi l’unità, si è cercato spesso il dialogo con soggetti animati da un livore anticomunista, mentre si è considerata l’interlocuzione con i comunisti e le forze anticapitaliste inessenziale o addirittura inopportuno.
La seconda considerazione: il processo unitario messo in campo fino a ora è tragicamente fallito. Qualcuno sostiene che si tratta di una momentanea battuta di arresto. A me non pare proprio. Quello che io vedo è, da un lato, Sinistra italiana e, dall’altro, un’Altra Europa per Tsipras, con dentro il PRC, in preda a una crisi evidente. Se in questa situazione il PRC non si assume la responsabilità di aprire interlocuzioni con altre forze, sia politiche che sociali, in grado di mettere in campo un valore aggiunto, rischia semplicemente o l’emarginazione totale o l’assorbimento subalterno nel progetto di Sinistra italiana. La crisi in cui versa l’Altra Europa per Tsipras e gli scivoloni opportunisti cui ogni tanto si assiste, dovrebbero dirci molto dei pericoli insiti nella situazione.
La terza considerazione: non è possibile dare una prospettiva vera a Rifondazione comunista se non si mette mano al partito, se non si riaggregano forze e non lo si fa diventare un vero protagonista della scena politica. E’ l’equivoco sul quale si reggono alcune declamazioni sull’importanza del partito, non accompagnate da un impegno adeguato e dal recupero di un vero protagonismo. Fa specie costatare che uno dei principali interlocutori assunti in questi anni da Rifondazione, e cioè SEL, rompe in un attimo l’unità, dà il via alla costruzione di un nuovo partito e si pone come leader in pectore di ciò che vi è a sinistra del PD. E il PRC che fa? Sta a guardare speranzoso o si pone il problema di rimettere in piedi un partito forte, di mettere in atto processi politici, di assumere un suo ruolo visibile, insomma di fare per davvero politica?
Per tutto questo, un segnale di ricomposizione dei comunisti (e non solo del PCdI) e delle forze anticapitaliste, sociali e non, va dato. Questo non significa certo finire in un politicismo simmetrico a quello fino ad ora praticato, illudendosi che origini comuni o storie comuni bastino. Siamo coscienti che nel corso di questi anni i percorsi, le pratiche e le posizioni si siano spesso divaricate. Inoltre, e’ chiaro che essenziale per l’unità sono le convergenze sulle scelte politiche immediate e di prospettiva e le pratiche sociali concrete. Su questo bisogna essere rigorosi, ma attenzione, quest’argomento non può diventare un alibi per eludere un confronto, magari per privilegiare rapporti con altri soggetti, anche molto ambigui, o per disconoscere la necessità di favorire la ricomposizione delle forze.
Senza il coraggio di cercare sintesi alte in un confronto più ampio, lo stesso ruolo di Rifondazione Comunista è destinato a impoverirsi e a divenire marginale.

29 febbraio 2016
Gianluigi Pegolo, CPN del PRC

Sui traffici Ro-Ro, botta e risposta tra Roffi (Messaggero Marittimo) e Circolo Porto del PRC

Sui traffici Ro-Ro, botta e risposta tra Renato Roffi (del Messaggero Marittimo) e il nostro Circolo Porto.

Tutto inizia con un comunicato del nostro Circolo porto, pubblicato integralmente su Senza Soste e in stralci sul Tirreno il 18 febbraio.

Nel comunicato il Circolo Porto criticava il comportamento dell’Autorità Portuale di Livorno, che nel settore dei traffici ro-ro anziché un ruolo di garanzia della concorrenza in porto appare incline a soddisfare le necessità di un singolo grande armatore, Grimaldi. Pur concordando con la necessità di un processo di unificazione, visto come la frammentazione dei terminalisti sui traffici ro-ro abbia peggiorato le condizioni lavorative, il nostro circolo esprimeva preoccupazione per le modalità concrete di questo processo, che rischia di risolversi in un tentativo di interposizione di manodopera.

Qualche giorno dopo la pubblicazione del nostro comunicato, il 22 febbraio sul Messaggero Marittimo è uscito un articolo a firma Renato Roffi e a titolo: Traffico ro-ro a Livorno è di Grimaldi. Nell’articolo le posizioni del nostro Circolo Porto venivano criticate come anticoncorrenziali e si difendeva la posizione di Grimaldi.

A questo articolo il nostro Circolo Porto ha risposto con una replica pubblicata ieri sul Messaggero Marittimo e che riportiamo per esteso qui sotto:

 

L’articolo del Dott. Renato Roffi, apparso su IL MESSAGGERO MARITTIMO del 23.02.2016, entra nel merito delle nostre considerazioni pubblicate da IL TIRRENO, riguardo alla situazione che si è venuta a creare nel settore dei RO-RO e agli assetti che si stanno delineando nel nostro Scalo. Precisiamo: nessuna nostalgia per Stalin e sul monopolio del lavoro nei porti, ormai abolito da 22 anni. Forse una rilettura di Karl Marx sarebbe giustificata (specie per chi non è marxista) date le caratteristiche della crisi, che evidenziano come non sia finita la “lotta di classe”, ma come al contrario, questa sia stata vinta da quelle che un tempo venivano chiamate “classi dominanti”. Non dal Politburò del PCUS, ma dal Word Economic Forum, viene ormai rilevato l’estremo squilibrio fra creazione di ricchezza e la sua redistribuzione. Infatti l’1% della popolazione mondiale detiene circa il 50% della ricchezza. Non il Soviet Supremo ma l’OCSE, calcola che in un decennio il 10% del PIL mondiale si è trasferito da Lavoro a Capitale. Non solo, rivela anche che la parte più ricca della popolazione sta pagando progressivamente meno tasse grazie allo politiche fiscali di molti governi nel mondo. Del resto gli effetti del liberismo sfrenato, ma è difficile temperarlo, sono di fronte a tutti.

Torniamo al settore dei ro-ro a Livorno e a quello che c’è dietro. Però partiamo dai dati oggettivi e non dalle suggestioni: nell’anno record (2008) sono stati movimentati a Livorno, in circa 110.000 mq lordi (con le banchine di LTM + quelle sottratte a TDT): 445.339 mezzi per un totale di circa 13.400.000 milioni di tonnellate. Negli anni successivi, nonostante fosse iniziato una fase calante per i traffici Ro-Ro (riduzione della domanda) si è proceduto all’ampliamento dell’offerta, rilasciando, a lume di naso, 12.631.mq di aree in concessione alla Calata Pisa al terminalista Lucarelli, con l’aggiunta di “occupazioni temporanee” di aree in radice dal Molo Italia. Infine. Con l’entrata di Sintermar nel settore dei RO-RO l’offerta si è allargata di circa 150.000 mq di aree e circa 500 ml di banchina, con possibilità di due accosti contemporanei di pertinenza del terminal. Oggi abbiamo il problema Cotunav che a seconda dei risultati sancirebbe la presenza del 5° operatore. Nel 2015, abbiamo operato nel nostro scalo 341.297 mezzi per un totale di 11.373.082 tonnellate, a fronte del raddoppio dell’offerta di aree e banchine. Allora come è possibile enfatizzare una emergenza Ro-Ro, come fa l’Autorità Portuale, se siamo in presenza di surplus di offerta terminal rispetto ad una diminuzione di domanda. Vogliamo ricordare che una più stretta relazione con il territorio si potrebbero trovare alcune soluzioni organizzative anche nel c.d. “retroporto” ed in particolare nell’interporto Amerigo Vespucci, proprio come tentò di fare Nereo Marcucci, il quale osteggiato dai DS e dalle istituzioni locali e regionali, aveva già trovato i finanziamenti per acquisire una parte dell’Interporto Amerigo Vespucci, proprio per decongestionare il porto. Il totem della concorrenza assoluta, cioè la guerre fra banchine per accaparrarsi la merce che già è presente in porto, non è la panacea né per i lavoratori né tantomeno per le imprese. Quando la concorrenza si basa solo su ribassi tariffari (price competition) e non su elevati ed innovativi modelli organizzati, diventa una patologia e i primi a subirne le conseguenze sono i lavoratori che vedono diminuiti i propri livelli salariali, dovendo realizzare alti livelli di produttività, per far quadrare i conti delle imprese, mettendo a repentaglio le proprie condizioni di sicurezza nei luoghi di (4 rizzatori che “servono” 6 ralle!). Il dott. Roffi parla di maggiori opportunità di lavoro e di salario ma nel nostro scalo sono spariti in pochi anni più di 200 posti di lavoro e i livelli salariali sono stati erosi per i motivi a cui abbiamo accennato. Come abbiamo detto, in Italia il monopolio del lavoro portuale non esiste più da 22 anni, ma in tutta Europa esistono dei Pool che, loro e solo loro, gestiscono il “lavoro temporaneo portuale” In Italia questo soggetto operativo è regolamentato dall’art. 17 della Legge 84/’94.

Da quello che comprendiamo il Dott. Roffi è per un suo superamento, noi no, vogliamo anzi che l’Italia faccia parte dell’Europa. E’ chiaro, situazioni come queste che sono la sommatoria delle precarietà, diventano di difficile soluzione e anzi sono producono frutti venefici con il passare del tempo. In questo caso è forte il rischio che a rimetterci sia il ruolo dell’art.17 e i loro lavoratori. Siamo convinti che la soluzione più lineare per la gestione delle banchine 14 e/f/g. fosse quella di riconsegnare al Terminal Darsena Toscana, a fronte di una disponibilità dichiarata di assumere tutti i lavoratori di Sea Trag. Fra l’altro la previsione del PRP per quelle aree non prevede attività di Ro-Ro, bensì “multipourpose”. Molto ci sarebbe da dire sul mondo del trasporto marittimo nelle sue varie articolazioni, ma fermiamoci al fatto che l’armatore è uno dei clienti principali di un porto. E’ anche vero che una volta sceso a terra questo pensi solo ad avvantaggiare la propria compagnia di navigazione, mentre il terminalista puro deve garantire servizi per più armatori e più linee. In particolare il Dott. Manuel Grimaldi professa molto chiaramente la deregolamentazione del lavoro portuale, la liberalizzazione dei servizi nautico-portuali, con tutto quello che ciò comporta in termini economici, sociali e sui livelli di sicurezza nel lavoro.
Molti lavoratori, specie dell’Alp (del resto non lavoriamo in pasticceria), ci dicono che a fronte di denunce su irregolarità segnalate all’Autorità Portuale che avvengono sulle banchine dove operano le navi di Grimaldi ( marittimi che svolgono operazioni portuali), non vi è da parte di questa amministrazione l’attivazione di alcuna verifica e azione conseguente. Paradossalmente una figura di rilievo dell’amministrazione AP, come il Segretario Generale è al contempo Presidente dell’ALP. Che vi sia in questo caso un conflitto di interessi? Il sindacato fa il suo mestiere e da quello che abbiamo capito non dice no al “contratto a rete”, ma vuole vedere le carte. Premettiamo che questa tipologia di contratto ha un tempo massimo di attuazione.

Si tratta però di capire se il contratto a rete significa omogeneizzare gli orari di lavoro, far rispettare i tetti all’utilizzo dello “straordinario” e dei carichi di lavoro ecc. ecc. Nella situazione che si sta definendo, cioè un nuovo art. 16, dobbiamo mettere nel conto che, portando via un lavoro ad un altro art.16 o togliendo giornate all’art 17, ci possa essere bisogno di fare nuove assunzioni, aumentando il numero degli esuberi alle aziende (16 o 17) a cui dovesse essere tolto il lavoro. Noi proponiamo che le eventuali nuove assunzioni siano fatte fra il personale già iscritto nei registri previsti dalla Legge 84/’94. Rispetto all’uso delle “occupazioni temporanee” che si protraggono per anni diventando una surroga alla concessione, quando è impossibile dare una concessione, vedi banchine 14/g/h/e, il Dott. Roffi cita, volutamente a sproposito, le due “occupazioni temporanee” di CPL/Cilp, sapendo che su queste aree esiste: per una (5000 mq), un’azione legale da parte di CLP contro il Ministero, mentre l’altra (9000mq) è un’area da sempre in concessione alla CLP, la quale alla scadenza ha fatto subito richiesta di rinnovo, data la sua complementarietà con il Terminal Paduletta. Richiesta non accettata dall’Autorità Portuale perché sembrava vi fosse la manifestazione di interesse di un altro operatore.

Che il 40% del traffico marittimo su Livorno sia ad appannaggio della Grimaldi, non toglie niente al fatto che gli armatori debbano continuare a fare gli armatori e che i terminalisti si strutturino per dare i servizi a tutti gli armatori che operano sul nostro scalo. Tutto questo se vogliamo evitare la creazione di nuovi monopoli, questi forse benvisti dal dott. Roffi.

Il Coordinamento del Circolo Porto – PRC Livorno