Risposta a Confcommercio sulla “concorrenza sleale di sagre e feste di paese”

Mentre la stagione si avvia al termine Giovanni Neri, presidente dei ristoratori della confcommercio, volendo tracciare un primo bilancio dei fatturati estivi, denuncia la concorrenza sleale che sagre e feste di paese avrebbero arrecato alla ristorazione tradizionale.
Mentre i ristoratori sarebbero sottoposti e rispetterebbero ogni sorta di vincolo di legge, alle seconde sarebbero accordate deroghe tali da pregiudicare le condizioni di una leale concorrenza che, di conseguenza, andrebbero ristabilite.
Giovanni Neri è un imprenditore, quindi saprà sicuramente che raggiungere l’equilibrio economico di appuntamenti che, nella maggior parte dei casi, durano solo pochi giorni è praticamente impossibile.
Difatti questi eventi rappresentano il principale polmone economico di associazioni e circoli fatti di volontarie e volontari, che quasi sempre gratuitamente prestano il loro lavoro per uno scopo che va ben al di là del generare profitto.
L’organizzazione di feste e sagre si fa, tra l’altro, sempre più di difficile di anno in anno, tanto che questa stagione molti appuntamenti non hanno potuto avere luogo per l’impossibilità, soprattutto economica, di poter provvedere alla presenza di addetti alla sicurezza debitamente formati.

Equiparare definitivamente ristorazione tradizionale con sagre e feste di paese significherebbe porre la parola fine a gran parte del mondo del volontariato, che tanto sta sopperendo invece, dal punto di vista sociale, alle omissioni dello Stato e degli enti locali nell’erogazione dei servizi alla collettività.
Siamo poi così sicuri che gli associati di categoria alla confcommercio siano poi così rispettosi della normativa vigente sul lavoro?
Quest’estate si è caratterizzata per l’uso strumentale di annunci di ricerca di lavoro che senza apparente logica alcuna rimanevano inevasi nonostante l’elevato tasso di disoccupazione, provocando la consueta levata di scudi sui fantomatici lavoratori, specialmente livornesi, particolarmente fannulloni.

La realtà ci racconta invece di un settore, quale quello della ristorazione e tanto più durante la stagione estiva, fatto di tanto lavoro nero o sottopagato rispetto al contratto nazionale se non addirittura non pagato affatto.
Evidentemente tanti giovani livornesi hanno preferito “essere disoccupati all’Ardenza” piuttosto che subire quanto sopra al fine di ingrassare qualcun’altro avendo poco o nulla in cambio. Non è naturalmente il caso di fare di tutta l’erba un fascio, ma prima di denunciare chissà quale concorrenza sleale è bene farsi un bell’esame di coscienza”.

Francesco Renda
Segretario Federazione livornese Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea