La sinistra replica alle contraddizioni del “solito” Veltroni. PD di fronte al bivio?

di Franco Frediani*

Più che citare “Totem e tabù” di Freud, Walter “Uolter” Veltroni avrebbe dovuto ricorrere all’altrettanto ben conosciuto “Psicopatologia della vita quotidiana”, oltretutto scritto dallo stesso Autore e più attinente all’ossessiva idea di inseguire un percorso politico ormai proposto e iniziato tanti anni fa e altrettante volte sconfessato dall’insuccesso che ha regalato alle destre Nostrane lunghi periodi di agibilità politica. Ciò che in realtà muove “l’ex tutto” del PD, (ex segretario, che insieme a D’Alema ha sempre giocato a contendersi il ruolo di eminenza grigia nello stesso Partito Democratico) è proprio il futuro assetto del suo partito, che sa bene in quali condizioni navighi. Potremo sintetizzare la frenesia Veltroniana, peraltro esternata con affermazioni inaccettabili soprattutto sulle problematiche del Lavoro, prendendo in prestito le parole di Paolo Ferrero: “Veltroni fa la corte a Monti. Altro che riformismo – ha aggiunto il segretario di Rifondazione – qui c’è un asse bipartisan contro i lavoratori”. Come dargli torto?!

Datare l’intervista rilasciata a La Repubblica come il punto di partenza per qualcosa di nuovo, sarebbe soltanto cadere in un clamoroso quanto ingenuo errore. Dietro a tutto questo c’è il riacutizzarsi di quell’OLD DREAM che lo stesso “Kennediano” porta avanti con cinica lucidità da anni! Non è un caso che partendo dall’articolo 18 faccia spazio a progetti ben diversi che puntano a quella che Lui stesso definisce “rivoluzione democratica”, mistificandola come la metamorfosi di una Sinistra che non ha assolutamente voglia né intenzione di allontanarsi dai suoi innati valori. E’ impressionante come Veltroni cerchi di forzare i tempi. Le reazioni, soprattutto a sinistra, non si sono fatte davvero attendere, e persino chi ha sempre cercato nel PD un dialogo che puntasse alla costruzione di un nuovo centrosinistra, si trova oggi a mostrare tutta la sua sorpresa. Non possiamo non citare le dichiarazioni di Nichi Vendola, che senza mezzi termini esplicita tutta la sua perplessità: “Leggo le parole che dice Veltroni e sono trasecolato”, afferma lo stesso leader di Sel rivolgendosi ai giornalisti che a Bari gli chiedevano cosa pensasse delle dichiarazioni di Veltroni sull’articolo 18. Il governatore della Puglia non può tacere, e continua sottolineando come Veltroni “indica come un retaggio novecentesco tutto ciò che è appartenuto al campo delle conquiste sociali, dei risultati di decenni di lotte”. E’ un Vendola determinato a mettere i puntini sulle “i”: “Se si cancella il Novecento della giustizia sociale non si entra nel nuovo millennio ma si torna all’Ottocento. È una curiosa modernità – conclude – quella che guarda con antipatia alla Fiom e con simpatia a Marchionne. È una singolare idea di modernità e di riformismo”. Quanto tutto questo possa fermare l’ambiguità dell’ex segretario del PD, non possiamo saperlo. Ormai ha gettato una bomba nello stagno, e si evince chiaramente tutta la sua intenzione di “svendere” un bagaglio valoriale che forse non gli è mai appartenuto. Ciò che insegue è quel modello liberale che “vede” come interprete di primo piano lo stesso Mario Monti, che continua a glorificare collocandolo addirittura in una “posizione” ben distante da quella che in realtà occupa. La riprova ci viene dalle dichiarazioni che ostinatamente Veltroni rilascia alle agenzie di stampa, forse con la speranza di ammorbidire toni ormai compromessi: “Se invece si pensa che, nonostante l’Ici agli immobili ecclesiali, la riduzione degli F35, la lotta all’evasione fiscale, lo stop al regalo delle frequenze a Mediaset, nonostante abbia evitato il tracollo dell’Italia (il tutto in due mesi), sia un governo di destra, allora bisogna avere il coraggio di discuterne e civilmente. Senza dire che un’opinione diversa è un’opinione del nemico. Teorie pericolose”. Sperare che nel PD avvenga un’implosione sarebbe miopia politica e incoscienza civile, ma sicuramente da più parti c’è la speranza che, la “coscienza” della sinistra in esso contenuta, prevalga e faccia argine nei confronti dell’ennesimo delirio di onnipotenza che l’ex sindaco di Roma ostenta. Il primo a “opporsi” a queste vedute Veltroniane è lo stesso Stefano Fassina, membro della segreteria del PD dove è responsabile del settore Economia e Lavoro:”Se il programma del governo Monti è l’orizzonte di una forza progressista come il PD, allora delle due l’una: o il PDL, che insieme a noi sostiene il governo Monti, è diventato un partito progressista, oppure la tua valutazione è sbagliata”. Ed è proprio la sua lucida analisi che evidenzia con forza ed altrettanta puntualità, la serie incredibile di contraddizioni presentate dal buon Uolter: “Se fosse giusta, dovremmo essere conseguenti. Alle prossime elezioni il PD dovrebbe presentarsi insieme al PDL, oltre che al Terzo Polo, una sorta di partito unico del pensiero unico. La fine della politica, non solo della democrazia”. La risposta di Fassina non può che riprendere quei valori assolutamente non astratti e appartenenti al Popolo della sinistra presente fuori ma anche dentro lo stesso Partito Democratico. Il 44enne Direttore scientifico di Nens (Nuova Economia Nuova Società – periodico di Visco e Bersani, ndr.) affronta Veltroni con tono diretto e preciso anche attraverso la stampa: “Per valutare il tasso di riformismo del governo Monti dovremmo ricordare che il decreto Salva Italia, oltre al brutale ed iniquo intervento sulle pensioni di anzianità, ha introdotto maggiori imposte per circa 40 miliardi all’anno”. Per concludere con un affondo che coglie tutta l’insensatezza delle precedenti affermazioni del suo “illustre” collega di Partito: “Senza nulla togliere alla funzione positiva svolta fin qui dal governo , gli esempi da te ricordati -scrive Fassina sempre rivolto a Veltroni- soltanto in Italia sono considerati RIFORMISTI. In qualunque altro Paese la lotta all’evasione, la ricostruzione di un decente servizio pubblico radiotelevisivo, l’applicazione senza distorsioni dell’Imu sugli immobili ad uso commerciale delle chiese, sono denominatore comune dell’arco costituzionale”. Opinioni e pareri contrapposti vengono da altri storici alleati (o forse ex?) del PD, come l’IDV che ripercorre il solco della contrarietà verso la revisione (o peggio?) dell’articolo 18. La “vicenda” Veltroni apre dunque uno scenario importante, forse più di quanto si posa credere. Sottovalutare il pericolo di una ulteriore frammentazione nel centrosinistra sarebbe un atto suicida. Ecco perché, come d’incanto, si alza nuovamente in volo l’eterno interrogativo che invita gli attori di questa storia infinita a mostrare il vero volto della decisione. In questo contesto sarebbe solo la destra a beneficiare ancora una volta delle contraddizioni presentate dai suoi “avversari”.

*Direzione PRC Livorno