Comunicato stampa – Nuovo ospedale a Montenero

Federazione della Sinistra

Livorno. Più volte abbiamo sottolineato che l’essere arrivati al referendum, ha rappresentato per tutti noi che sediamo sui banchi del Consiglio Comunale, una sconfitta della politica, un’ incapacità a essere riusciti a portare l’amministrazione sulla strada di un dialogo e di un confronto aperto e trasparente, c’è voluto che migliaia di cittadini facessero sentire la loro voce perché il carro del nuovo ospedale , che viaggiava a velocità sostenuta verso Montenero, subisse almeno un rallentamento. Per questo continuiamo a dire, in maniera convinta, che il referendum deve essere, non un punto di arrivo, ma un punto di partenza per poter discutere di sanità, riappropriandoci inoltre di tutto quel percorso di partecipazione che è completamente mancato, ecco perché è importante che tutti si rechino alle urne.

Non è che rinnovando il contenitore, miracolosamente la sanità livornese comincerà a funzionare meglio. Coloro che spingono verso il nuovo ospedale hanno provato a chiedersi quali sono i punti di criticità della sanità livornese? Dipendono esclusivamente dal contenitore?

Le liste di attesa per le prestazioni specialistiche sono lunghissime, manca completamente il settore della riabilitazione, non c’è una camera iperbarica, l’assistenza agli anziani e domiciliare, è insufficiente e si va verso un periodo in cui l’età media della popolazione sarà sempre più avanzata, la tanto evocata sanità decentrata sul territorio è ormai un miraggio, specialmente ora che è partita l’alienazione dei distretti socio sanitari per recuperare fondi per il nuovo ospedale.

Ce ne sarebbe abbastanza prima di imporre la scelta di un nuovo ospedale, perché sicuramente queste questioni non possono attendere decenni prima di essere risolte.

Quello che manca è la parte più importante, un vero progetto a 360° sulla ristrutturazione dei servizi socio sanitari (e aggiungerei assistenziali), e che rappresenta la vera necessità in questa città e a maggior ragione dovrebbe essere definita prima della realizzazione di un opera che avrà tempi di realizzazione molto lunghi e che vedrà la contemporaneità di fasi di gestione (costruzione del nuovo e progressiva dismissione del vecchio) che interesseranno la città fin dalle prime fasi.

Come è stato detto sta andando avanti il percorso verso la definizione di un ospedale come struttura per acuti, ma sono necessari interventi che ricompongano l’articolazione dei servizi sanitari in un’ottica di pariteticità e interdipendenza dell’ospedale e del territorio. Ad oggi nulla è stato fatto, nonostante le gravi criticità dei distretti sanitari sul territorio aggravati dai progetti di dismissione.

L’ospedale è ancora al centro di ogni prestazione, con l’evidenziarsi delle problematiche di cui dicevo prima. Ci vorrà una graduale e governata inversione di tendenza da parte degli utenti: nell’immaginario collettivo è ancora forte il concetto di maggiore affidabilità dell’ospedale , quindi bisognerà lavorare per valorizzare, anche sul piano del sentire comune, l’appropriatezza dei servizi territoriali. E’ evidente che questo percorso può avvenire nella misura in cui si riescono a trasferire sul territorio, e qui si parte da zero, dando loro visibilità, quelle quote di risposte svolte per anni dall’ospedale. Quindi livelli elevati di specializzazione, attraverso assetti organizzativi e processi di efficacia pari a quelli di una prestazione ospedaliera. Quindi una ristrutturazione dei servizi che vada di pari passo, anzi che inizi prima della costruzione dell’ospedale, quali ambulatori, quali presidi, quali consultori, perché è impensabile che si debba andare fin lassù per fare una radiografia, un prelievo, una terapia oncologica. E’ qui la grande sfida di modernità.

La scelta dell’amministrazione della localizzazione a Montenero è poi stata affidata a una semplice delibera di cambio d’uso delle aree, come se invece di un blocco ospedaliero, si dovesse fare un semplice ambulatorio, non è inserita nel piano regolatore, è fuori da una programmazione territoriale complessiva, si è usata una scorciatoia inaccettabile, dando quanto meno un pessimo esempio di governo del territorio. La zona di Montenero è delicata da un punto di vista ambientale, una zona paesaggistica pedecollinare da proteggere invece che cementificare ulteriormente e appesantire con progetti impattanti di viabilità (da realizzare non si sa bene con quali fondi). Impariamo a pensare ad un uso zero di territorio, a salvaguardare le nostre risorse naturali, evitiamo che la speculazione edilizia si appropri di tutto quel patrimonio che l’ASL vuole vendere, dentro e fuori l’ospedale attuale (a proposito ancora un piano definito di cosa verrà realizzato nel “vecchio” non esiste), cerchiamo di evitare che i vari progetti di project financing consegnino la sanità in mano ai privati, valorizziamo i piani alternativi che da più parti vengono proposti.

Infine un’ultima preoccupazione, si sta procedendo già ora alle ristrutturazioni e dimensionamenti di alcune Unità Operative, i posti letto soni inferiori numericamente che nell’attuale, non è che si vada anche verso un processo di dimensionamento dei lavoratori?

Tiziana Bartimmo

capogruppo Consigliare PRC- PDCI

Lorenzo Cosimi

(Consigliere comunale PRC-PDCI)

«Via Berlusconi ma anche il berlusconismo»

Inizio dei lavori al congresso della FdS di Livorno

 

 LIVORNO. Più un’assemblea costituente che un congresso vero e proprio: così dagli stessi intervenuti è stato definito il primo congresso provinciale della Federazione della Sinistra. Si è stretto un “patto federativo” – parole di Lorenzo Cosimi – tra i due maggiori partiti d’ispirazione marxista, Rifondazione Comunista e Comunisti Italiani e altre forze come Lavoro e Solidarietà, Socialismo 2000 e Associazione Consumatori.
 Il coordinamento provvisorio presente al congresso, oltre ai due segretari Lorenzo Cosimi e Michele Mazzola, conta anche su Tiziana Bartimmo e Alessandro Trotta. L’organigramma definitivo a livello provinciale della nuova formazione politica sarà conosciuto la prossima settimana, dopo il congresso nazionale a Roma dal 19 al 21 novembre.
 «Per ripartire – dichiara Lorenzo Cosimi – occorre creare una piattaforma comune per cacciare sì Berlusconi, ma anche il berlusconismo, ovvero il sistema culturale e morale creato dalle nuove destre». L’analisi degli scenari politici futuri è l’argomento più dibattuto e non mancano divergenze e incertezze riguardo la collocazione politica della Fds rispetto a Sel e Pd, mentre la centralità del lavoro è da tutti condivisa: prova ne è l’assemblea con le Rsu di Azimut, Giolfo e Calcagno, Sacci.
 Altri punti fermi sono la difesa dell’ambiente, lo sviluppo delle energie rinnovabili e il diritto alla casa. Proprio di emergenza abitativa ha parlato l’Unione Inquilini: un grido d’allarme culminato nella richiesta d’intervento della Protezione Civile per l’emergenza dei senza tetto. La Fds ha dichiarato anche che al referendum sull’ospedale inviterà a votare “sì”, cioè contro la localizzazione di Montenero, a favore del progetto Mariotti di rinnovamento della struttura di Viale Alfieri.
 Tra gli ospiti esterni sono intervenuti anche Giorgio Kutufà, presidente della Provincia, e Enzo Raugei, consigliere comunale del Pd, mentre l’intervento di Bruno Zeri del coordinamento nazionale di Rifondazione ha chiuso il congresso sottolineando l’importanza dell’unità della sinistra per la lotta in difesa dei lavoratori e dei valori democratici e costituzionali.


Comunicato stampa sull’accordo sulla Giolfo e Calcagno

Livorno, 11 novembre 2010

Chiuso il rubinetto del gas ai lavoratori della Giolfo e Calcagno, la liquidatrice è stata irremovibile sul prolungamento della cassa integrazione in deroga di cui la Regione si sarebbe fatto carico fino ad un altro anno, a tale proposito i lavoratori si erano resi disponibili a qualsiasi proposta.

Ma, era nell’aria l’interesse a forzare i tempi per chiudere velocemente questa partita con i lavoratori in lotta e non possiamo sottolineare come gli strumenti utilizzati sono stati a dir poco vergognosi. Dopo due anni di crisi dichiarata (crisi non dipendente dalla capacità produttiva o di mercato ma esclusivamente problemi legati alla gestione della proprietà), dopo due settimane di occupazione con la protesta di Claudia Cerase salita il 2 novembre sul tetto della fabbrica, a soli tre giorni dalla scadenza della Cassa integrazione, finalmente il tavolo con le Istituzioni e la presenza di Centro Banca e della liquidatrice. Oltre sei ore di tentativi di trattativa per portare la liquidatrice a ragionevoli consigli, il risultato è stato un ultimatum, fino ad arrivare al il ricatto del fallimento della società, minacciando in questo modo di ritardare il pagamento del TFR, infine solo pochi minuti in cui si poteva solo accettare l’unica proposta messa in campo dalla liquidatrice.

L’accordo di fatto riconferma quello del gennaio 2009, cioè un impegno a facilitare le condizioni di ricollocazione del personale attualmente impiegato in funzione delle opportunità di reindustrializzazione che si presenteranno e a baratto di un solo mese di continuità di Cassa Integrazione, è stato preteso il rinnovo della concessione demaniale da parte dell’Autorità Portuale e persino la sistemazione della banchina, oltre ad interrompere le iniziative di lotta ed eventuale occupazione del sito da parte dei lavoratori. Pertanto al 31 dicembre, i lavoratori riceveranno la liquidazione delle competenze previa conciliazione individuale in sede sindacale e saranno messi in mobilità. Cioè licenziati.

Siamo sinceramente convinti che era possibile fare di più e in particolare che le istituzioni avrebbero potuto imporsi maggiormente, considerato che concessione e risanamento della banchina significano soldi, risorse pubbliche che certamente agevoleranno la vendita e incentiveranno l’acquisto del sito anche se sulla richiesta pretesa ancora rimane un mistero, a parte la smentita dei 25 milioni di euro.

Lo diciamo con affetto e sincerità Claudia ha fatto un grandissimo lavoro, la sua lotta e la sua determinazione è stato certamente un esempio per i tutti lavoratori delle altre industrie che nella nostra provincia soffrono delle stesse difficoltà e incertezze per il futuro come dimostrato dalla solidarietà e presenza ai presidi delle delegazioni di altre industrie cittadine.

Ormai l’accordo è siglato e una cosa è certa, cosi come certamente faranno le OO.SS., ma per quanto di nostra competenza, vigileremo e seguiremo passo per passo il percorso futuro affinché tutti i 59 lavoratori in mobilità restino effettivamente attaccati alla destinazione del sito e che l’impegno sottoscritto con l’accordo del gennaio 2009 si concretizzi in atti di ricollocazione al lavoro, il prima possibile.

 

Silvio Lami – capogruppo PRC Provincia di Livorno

Michele Mazzola – capogruppo PdCI Provincia di Livorno