Transizione alla latinoamericana, da Chávez a Maduro

 

 

(di ritorno da Caracas) La stretta vittoria di Nicolás Maduro (50,6% contro 49% con Capriles che chiede il riconteggio dei voti) come candidato della continuità con Hugo Chávez nelle elezioni presidenziali venezuelane apre e allo stesso tempo chiude il dibattito sulla prosecuzione del processo bolivariano. Lo chiude, testimoniando anche in Venezuela la solidità del processo democratico nel momento nel quale il candidato dell’opposizione, Enrique Capriles, offre allo stesso tempo un discorso progressista apparentemente analogo a quello della sinistra, accompagnato da un disprezzo e da una denigrazione tipicamente classista verso un processo del quale non può più disconoscere la grandezza.
Capriles, fin da ottobre ma con rinnovata lena durante questa campagna, ha riconosciuto la legittimazione di un’egemonia culturale della sinistra nell’America latina del XXI secolo, che ha sostituito l’inservibile armamentario neoliberale, ed ha –come ossimoro e contraddizione- avocato alla classe dirigente tradizionale –quella stessa del neoliberismo- il ruolo di condurre tale processo. Ma allo stesso tempo il dibattito è aperto in più punti. Nicolás Maduro ha ottenuto un risultato straordinario laddove non era scontato per nessuno che un processo così identificato con la figura di Hugo Chávez potesse sopravvivere alla scomparsa di uno dei dirigenti politici più importanti di tutta la storia latinoamericana. Un certo trionfalismo del campo popolare, che chi scrive ha colto con preoccupazione per le strade di Caracas, si accompagnava al rinviare al dopo alcuni nodi che lo stesso Chávez indicava. Come se la mozione degli affetti potesse cristallizzare a quel 5 marzo, il giorno della morte del presidente, la vita politica di un paese. S’è ripetuto nel campo popolare quello che succedeva nel decennio scorso nell’opposizione: un certo autismo impediva di vedere tanti piccoli smottamenti. Leggi tutto “Transizione alla latinoamericana, da Chávez a Maduro”

Spagna cambia costituzione: prelievi dai conti possibili

 

 

 

NEW YORK (WSI) – Il contagio e’ gia’ in atto. Mentre il ministro spagnolo dell’Economia Luis De Guindos ha proclamato in Senato che “i depositi in banca sotto i 100 mila euro sono sacri e che i risparmiatori non si devo allarmare”, la Spagna ha cambiato una norma costituzionale che consente una tassa sui depositi delle banche. Una norma prima proibita per legge, che potrebbe in caso di bisogno aprire la strada a un prelievo forzoso una tantum dai conti bancari, nella forma di una tassazione dei risparmi. Il concetto e’: se le banche vengono tassate dallo Stato, a chi faranno pagare il conto se non ai correntisti?
Per il momento lo stato sostiene che tale tassa, che gli istituti dovranno pagare allo Stato in proporzione all’entita’ dei propri depositi, “non sara’ molto piu’ alta dello 0%” e che e’ rivolta a quelle regioni che “non hanno compiuto alcuno sforzo per raccogliere entrate fiscali”.
Nel frattempo l’esecutivo in Nuova Zelanda sta valutando l’ipotesi di imporre in futuro una confisca in stile cipriota dei risparmi, per evitare un eventuale crack delle banche.
Come riporta il quotidiano spagnolo El Pais, il ministro della Pubblica Amministrazione, Cristobal Montoro ha difeso la misura, sottolineando che la sua presenza nella costituzione e’ giustificata dalla volonta’ di uniformare la pressione fiscale tra le varie regioni della nazione indebitata. Leggi tutto “Spagna cambia costituzione: prelievi dai conti possibili”

Risultati e percentuali elezioni 2012 in Francia, Grecia e Serbia

Risultati definitivi

Francia

Francois Hollande, eletto Presidente con il 51,7% delle preferenze

 

 

Grecia – tra parentesi la variazione rispetto al voto del 2009 –

Nea Dimokratia (conservatori) al 18,9% (-14,6%), 108 seggi.

Syriza (alleanza di sinistra) al 16,8% (+12,2%), 52 seggi.

Pasok (socialisti) al 13,2% (-30,7%), 41 seggi.

Greci Indipendenti (destra) al 10,6% (prima elezione), 33 seggi.

Kke (comunisti) all’8,5% (+0,9%), 26 seggi.

Chrysi Avgi (neonazisti) al 7% (+6,7%), 21 seggi.

Sinistra democratica al 6,10% (prima elezione), 19 seggi.

 

 

Germania – Land Schleswig-Holstein

CDU (coalizione di centro-destra) : 30,6%

SPD (partito social democratico)  : 29,5%

Verdi : 14%

Partito dei Pirati : 8,2%

Liberali : 8,5%

Ripartizione: 22 seggi vanno a CDU e SPD, 10 ai Verdi, 6 ai Liberali, e 3 a Ssw
Partecipazione intorno al 38% che è inferiore a quella registrata nelle elezioni precedenti
Elettori chiamati al voto: 2,2 milioni.

Monti, dopo Sarkozy nuovo “socio” della Merkell. Quale futuro per l’Italia?

fonte dazebaonews.it *

 

Fiumi di inchiostro stanno monopolizzando il mondo dell’informazione.  L’incoronazione a Presidente della Repubblica di Francois Hollande, tiene ovviamente banco. E’giusto che ci sia attenzione e speranza, ma non è così semplice prevedere ciò che accadrà in Europa malgrado l’importante risultato ottenuto dalla sinistra francese. Il dato certo è che si è incrinato l’asse franco-tedesco, ma non si può certo dire che la vittoria della sinistra francese costituisca la soluzione definitiva (qualora esista, considerando che si parla di una crisi mondiale e strutturale) ad un momento davvero buio per l’Europa e l’Italia. Possiamo senza dubbio beneficiare di un sospiro di sollievo per il credito apertosi con questo evento.  Ancora di più dovremo essere ottimisti sul “risveglio” che la sinistra europea ha incassato con il sorprendente risultato nelle politiche in Grecia, dove Syriza, la coalizione della sinistra filo-europeista pur nettamente contraria al “cartello finanziario” della Bce, è risultato il secondo partito di poco dietro a Nea Democratia. Non trascurabile neppure lo scatto in avanti che si è registrato anche nella stessa Germania, proprio in quel Schleswig-Holstein dove L’Spd, insieme ai Verdi, potrà contare probabilmente sulla maggioranza che gli permetterà di governare un Land con oltre 2 milioni di cittadini, strappandolo alla Cdu della leader e Cancelliera tedesca, Angela Merkell. Leggi tutto “Monti, dopo Sarkozy nuovo “socio” della Merkell. Quale futuro per l’Italia?”

Analisi sulla Gauche alle presidenziali francesi

da Giornalismo Partecipativo *

Soffermiamoci su di un aspetto particolare del primo turno delle presidenziali francesi. È andato bene o male il candidato del Front de Gauche Jean-Luc Mélenchon con il suo 11% abbondante dei voti e quattro milioni di francesi che lo hanno votato? Nei titoli dei giornali, che giustamente si soffermano sull’imminente ballottaggio, sull’incollatura di vantaggio di François Hollande su Nikolas Sarkozy e sull’agghiacciante trionfo dell’ultradestra di Marine Le Pen, Mélenchon viene liquidato spesso come delusione. Ma è proprio così?
Partiamo dalle definizioni. Definiamo per comodità “sinistra radicale” tutte quelle candidature collocabili alla sinistra del Partito Socialista. In Francia, come spesso nel mondo, non esiste quella beota corsa italiana ad un centro politico nominalistico. Sarkozy è destra, Hollande è sinistra e ciao.  Nelle elezioni presidenziali del 2007 la sinistra radicale ottenne circa l’8.5% dei voti. Spiccò il solo Olivier Besancenot che ottenne 1.3 milioni di voti, pari al 4% dell’elettorato. Dietro di lui i vari Buffet, Laguiller, Schivardi e Bové si suddivisero il resto. In particolare la candidata ufficiale del Partito Comunista Marie-George Buffet non arrivò al 2%.
Dopo quel passaggio viene fondato il Fronte delle Sinistre che, sempre per comodità, collochiamo a sinistra del partito socialista e a destra del mondo trotskista, dal quale provenivano Besancenot e Laguiller, riunito nel Nuovo Partito Anticapitalista. Nel 2009 il Front de Gauche si presenta alle elezioni europee. La novità cambia i rapporti di forza dentro la sinistra radicale francese e il Front de Gauche (che ingloba il PCF) supera il 6%, eleggendo 5 parlamentari, superando il Nuovo Partito Anticapitalista (4.8%, nessun eurodeputato). Leggi tutto “Analisi sulla Gauche alle presidenziali francesi”

Che accade in Libia?

di Domenico Moro – Economista PdCI

Moisés Naim sulla prima pagina del Sole24ore ha definito “asse dei confusi” il gruppo, composto da Hugo Chavez, Daniel Hortega e Fidel Castro, che si rifiuta di denunciare il dittatore Gheddafi per il massacro di civili innocenti. Naim ha, però, scordato di includere un altri due “confusi” nella sua lista. Si tratta di Mike Mullen e Robert Gates, rispettivamente capo degli Stati Maggiori Riuniti e ministro della Difesa statunitensi. I due, come riportato da Rampini il 3 marzo, hanno “persino negato che esistano prove sul fatto che Gheddafi abbia usato aerei ed elicotteri contro la popolazione”.
Eppure, il 24 febbraio il Sole24ore aveva titolato: “Fosse comuni a Tripoli, paese spaccato”, Per l’emittente al-Arabiya i morti sarebbero già10mila, secondo altre fonti un migliaio”, e il 27 febbraio: “Bombe su tripoli, 250 morti, l’aviazione colpisce i manifestanti – Il vice ambasciatore all’Onu: genocidio”. Quella che doveva essere la prova provata, il video del cimitero delle fosse comuni mostrato per giorni a mezzo mondo, si è rivelato essere vecchio e inerente ai lavori di ristrutturazione del cimitero, come precisato dall’inviato della Stampa il 26 febbraio.

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